Se Ravenna conserva oggi le ossa di Dante lo deve ad Anastasio Matteucci, un giovane studente del Liceo ginnasio che la mattina del 27 maggio 1865 era presente quando fu trovata per caso la cassetta con i resti del sommo poeta. Ma la cosa strana è che in città non esiste nessun segno che ricordi questo giovane perché se è vero che i frati francescani "trassero dal sepolcro" le ossa di Dante "salvandole così a Ravenna" è altrettanto vero che senza l’intervento di Anastasio le ossa sarebbero state irrimediabilmente disperse.
Oggi, però, il giovane Anastasio avrà la sua giusta spettanza di gloria perché la ’Associazione ex alunni del Liceo Ginnasio Dante Alighieri’ ha pensato bene di dedicargli una targa per ricordare il suo gesto senza il quale Ravenna sarebbe stata privata di tanto prezioso tesoro. La targa, realizzata grazie al sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna, sarà scoperta domani alle ore 12 nell’atrio di Casa Dante (via Da Polenta 4). Saranno presenti il Presidente della Fondazione Ernesto Giuseppe Alfieri, il Presidente della Cassa Antonio Patuelli e il direttivo della Associazione degli ex alunni del liceo classico con il presidente Riccardo Zoffoli.
Prima dello scoprimento della targa, alle 11, nella saletta dei Chiostri francescani messa a disposizione dalla Fondazione, nel corso di una conferenza stampa Giuseppe Matteucci presenterà nel dettaglio la vicenda che ebbe come protagonista il giovane Anastasio e distribuirà ai giornalisti un opuscolo da lui curato. In sintesi, le cose si svolsero in questo modo. Durante i lavori di riassetto di tutta la zona dantesca avviati in occasione del sesto centenario della nascita di Dante, il capomastro Pio Feletti, dopo aver tolto alcune pietre di un muro, si trovò fra le mani una cassetta di legno e ricordando una leggenda che parlava di un tesoro nascosto in quella zona, esclamò tutto felice "Ai sé, burdell!" ("Ci siamo, ragazzi!").
Anziché il tesoro, però, Feletti trovò delle ossa e con un gesto di stizza stava per buttarle quando arriva il colpo di scena. Il giovane Anastasio, infatti, intima a Feletti di fermarsi perché aveva notato sulla cassetta una scritta. Il Feletti, allora, pose la cassetta in mano ad Anastasio che dopo aver letto la scritta: "Dantis ossa a me Frē Antonio Santi hic posita" esclamò meravigliato e commosso: "Sono le ossa di Dante!". E oggi, grazie al gesto di questo giovane, Ravenna conserva e difende i resti del poeta considerato un simbolo nazionale e padre della nostra lingua.
Franco Gàbici