CARLO RAGGI
Cronaca

Raul Gardini moriva trent’anni fa: nascita e crollo di un impero che ha cambiato Ravenna

L’impatto sull’economia, i palazzi del centro, il Pala De André, lo scudetto del Messaggero volley. La mattina del giorno di Sant’Apollinare del 1993 la notizia del suicidio dell’imprenditore

La nautica, una delle grandi passioni dell’imprenditore Raul Gardini

Ravenna, 23 luglio 2023 – "Non ti dimenticheremo", una promessa, un impegno, di più, un imperativo, vergato centinaio di volte nei quadernetti sui tavolini dentro San Francesco, molti con calligrafia incerta, semplice, a testimoniare come Raul fosse sentito come uno di loro anche dalle classi sociali che nulla avevano a che spartire con il potere economico.

Lo disse bene Cristina Muti: "Abbiamo perso uno di noi, un fratello di tutti". Perché in realtà Raul Gardini, per i ravennati doc, era rimasto ‘il contadino’ di sempre, che giocava a carte, andava a caccia, aveva la passione per le barche e la velocità.

Anche quando le sue imprese a livello internazionale riempivano ogni sera i telegiornali, ogni mattina i quotidiani. Quando quella mattina del giorno di Sant’ Apollinare di 30 anni fa si diffuse la notizia che si era tolto la vita, a Milano, moltissimi ravennati accorsero a Marina, davanti al Gran Hotel, luogo di abituale dimora estiva per Idina, la moglie. Solo poche ore prima si erano salutati a Milano e l’appuntamento era per l’indomani e invece poco dopo le 8 arrivò la tragica notizia. Una moltitudine silenziosa, addolorata, incredula, peraltro già scossa da mesi, da quando quotidianamente l’impero Ferruzzi stava precipitando dalle stelle della finanza e dell’economia mondiale alla polvere dei ribassi borsistici e dell’inchiesta giudiziaria.

Una testimonianza sincera di solidarietà, una moltitudine che si ampliò a dismisura alla domenica, alla camera ardente in San Francesco e nel pomeriggio di lunedì 26 luglio quando si svolsero i funerali. Una testimonianza che voleva essere anche un riconoscimento per i traguardi raggiunti da Gardini negli undici anni in cui era rimasto alla guida del Gruppo Ferruzzi (fino al novembre 1990) e che enormi ricadute positive avevano avuto sull’economia ravennate e, quindi, sull’occupazione per moltissime persone: a Ravenna i dipendenti del Gruppo raggiunsero quota milleduecento. Che inevitabilmente adesso temevano per il futuro. Ripercorriamo, allora, in questo trentennale da quel tragico sparo (indotto in Raul dall’inaccettabile consapevolezza di essere in un vicolo cieco per il fatto che gli era impedito di accedere ai documenti societari per la propria difesa), gli anni della costruzione dell’impero, i cui confini andavano dall’Europa agli Usa all’Argentina.

Un impero le cui fondamenta venivano da lontano, dagli anni del dopoguerra: Serafino Ferruzzi, senza conoscere una parola di inglese, divenne uno dei più importanti imprenditori del commercio mondiale dei cereali, con base a New Orleans, città che gli conferì anche la cittadinanza onoraria. E quando negli anni Sessanta accolse il giovane Raul, fidanzato con la giovanissima figlia Idina, nelle file di quell’impero, ben pochi a Ravenna ne conoscevano l’estensione, la portata finanziaria. Furono scoperte dopo la tragica morte di Serafino, la notte del 10 dicembre 1979 quando l’aereo su cui stava rientrando da Londra si schiantò contro un mulino alle porte di Forlì, cinque le vittime.

Fu allora che la famiglia Ferruzzi consegnò lo scettro del comando a Raul. Il quale rivoluzionò la gestione puntando, con non poco azzardo, sulle mirabolanti azioni finanziarie e acquisizioni societarie per poter raggiungere comunque gli obiettivi che aveva in testa, obiettivi diversificati, dalla produzione e trading dei cereali al calcestruzzo, dallo zucchero all’olio di semi, e poi la chimica con la grande scommessa sul bioetanolo, ricavato dalla soja, "il carburante verde del futuro".

Per quanto Serafino amasse restare nell’ombra, così non fu per le iniziative, spesso clamorose, del Gruppo Ferruzzi guidato da Gardini. Iniziative anche benefiche e locali, come nel 1982 il lancio di una sottoscrizione a livello cittadino per l’acquisito della prima Tac per l’ospedale di Ravenna: entrò in funzione nel novembre ‘83. Mese dopo mese i ravennati si accorgevano che il volto della città stava cambiando, a cominciare dal cantiere a palazzo Prandi, in via D’Azeglio, che Gardini acquistò e fece ristrutturare per farne residenza e luogo di rappresentanza, un palazzo sempre più frequentato da nomi illustri della borghesia imprenditoriale italiana dell’epoca, da Agnelli a De Benedetti, da Romiti a Cefis: eravamo alla fine degli anni 80, quando Gardini iniziò la scalata alla Montedison.

Via D’Azeglio venne presto occupata dalle grosse auto di rappresentanza, Mercedes grigie o nere con i vetri fumé e l’antenna del radiotelefono (a Ravenna a disposizione dei manager se ne contava una trentina) condotte da autisti guardiaspalle armati addestrati alle tecniche antisequestro (che sfrecciavano nelle corsie riservate a bus e mezzi di soccorso). E non mancava la Ferrari F 40 di Carlo Sama, il cognato di Raul che nel frattempo era andato ad abitare nell’edificio ristrutturato in angolo a via Pasolini davanti a palazzo Prandi. Un altro cantiere già era spuntato in via Guerrini per la costruzione del ‘palazzo di vetro’ dove trovò sede la Calcestruzzi guidata da Lorenzo Panzavolta e a inizio 1990 in via Diaz fu la volta della ristrutturazione del palazzo che aveva ospitato prima l’Upim poi la Rinascente e che divenne la sede della Ferfin (Ferruzzi Finanziaria, la holding) un Gruppo che valeva 25mila miliardi di lire.

In quel tempo Gardini trasferì la residenza a villa Monaldina, un casolare di campagna appena ristrutturato, sulla strada per Punta Marina e lì atterrava con l’elicottero. Nel 1987 Raul Gardini acquisì la maggioranza delle azioni di Montedison e con essa si ritrovò in tasca l’allora primo quotidiano di Roma, il Messaggero che, passati due anni, nel dicembre ‘89 sbarcò a Ravenna con una frotta di giornalisti e una redazione in via Salara vicina a quella del Carlino. Seguì l’apertura di altre tre redazioni in Romagna. Tutte le edicole furono monopolizzate dal nome ‘Messaggero’ e lo stesso nome comparve sulle magliette dei pallavolisti ravennati.

Gli appassionati di volley non potranno mai dimenticare lo scudetto del Messaggero Volley Ravenna conquistato il 30 maggio 1991 al ‘Pala Mauro de Andrè’ il Palazzo dello sport e delle arti voluto da Raul (e da Sama) e che porta il nome del figlio del manager della Ferruzzi (a capo di Eridania), Giuseppe, costruito fra il 1988 e il 1990. L’espansione del Gruppo Ferruzzi indusse le banche collegate alle attività finanziarie delle centinaia di società controllate ad aprire sedi a Ravenna. Questo significò altra occupazione con ulteriori ricadute per gli esercizi commerciali di qualità e per bar e ristoranti. L’apice fu raggiunto nel 1990 con la nascita di Enimont, matrimonio fra Montesidon ed Eni, la più grande impresa pubblico - privata sul fronte della chimica a livello italiano.

"La chimica sono io" disse Raul, ma poi dovette cedere ai ricatti dei politici e alle imposizioni della famiglia.

Vendette le azioni Enimont possedute dal Gruppo con un ritorno di 2.805 miliardi di lire, poi a novembre ‘90 le dimissioni dal Gruppo e il 30 giugno ‘91 il divorzio dalla famiglia.

Gli rimase l’impresa nella Vuitton Cup - Coppa America a maggio ‘92 a San Diego e la grande festa in piazza del Popolo. A gennaio ‘93 ecco il coinvolgimento del Gruppo in Tangentopoli con l’arresto di Panzavolta. A luglio, il colpo di pistola.

Nel giro di pochi mesi il Gruppo Ferruzzi fu commissariato e smembrato, tutte le società lasciarono Ravenna, così anche le banche, Il Messaggero chiuse la redazione. Il velo calò, definitivamente, sull’impero evaporato.