MATTEO BONDI
Cronaca

"Quest’azienda era la nostra famiglia"

Le coppie che lavorano alla Lafert, che qui hanno passato la loro vita e rischiano il licenziamento collettivo. "E adesso cosa faremo?"

Le coppie che lavorano alla Lafert, che qui hanno passato la loro vita e rischiano il licenziamento collettivo. "E adesso cosa faremo?"

Le coppie che lavorano alla Lafert, che qui hanno passato la loro vita e rischiano il licenziamento collettivo. "E adesso cosa faremo?"

Questa settimana sarà decisiva per le sorti dello stabilimento della Lafert di Fusignano con gli incontri programmati in Veneto - a San Donà di Piave risiede la casa madre - tra la proprietà e i sindacati. Sono 60 i lavoratori che perderanno il lavoro il prossimo 31 marzo nel caso non si trovino soluzioni alternative al licenziamento collettivo. Tra questi intere famiglie, con coppie che si sono conosciute proprio all’interno di quella che allora si chiamava Icme. Antonio Billeri e Paola Ragazzini abitano a Masiera con una figlia di 17 anni, Marco Valdinoci e Marica Ghinassi abitano a Lugo con due figli di 13 e 8 anni, a Fusignano abitano Alberto Randi e Luana Prati. Randi è il caporeparto, mentre Billeri il vice. A pensare a quel 13 gennaio, il giorno dell’annuncio del licenziamento, sale la rabbia. "Siamo stati trattati come dei numeri - racconta Billeri - con il Ceo che si è presentato alle 16,30 per dirci che il 31 marzo lo stabilimento chiudeva. Alla faccia del ‘capitale umano’ del ‘codice etico’ sbandierati nel 2023 quando Lafert è entrata nella multinazionale Sumitomo". "Ce l’hanno detto per ultimi - rincara Prati - sui social girava già la notizia".

La rabbia aumenta pensando alla loro azienda. "I ragazzi del commerciale ci hanno detto che gli ordini erano il 65% in più rispetto allo scorso anno - racconta Valdinoci - Non facevamo più cassa integrazione da settembre dello scorso anno". "Avevamo commesse fino ad aprile - sottolinea Billeri -, ma la nostra storia è sempre stata così, fatta di commesse di pochi mesi, non abbiamo mai avuto il lavoro da qui a tre anni, ma siamo sempre stati in attivo". La Lafert ha giustificato la scelta con la crisi di mercato per la concorrenza di paesi esteri, come la Cina. "I nostri motori non sono uguali a quelli cinesi - ricorda Valdinoci -, li facciamo su disegni tecnici dei nostri clienti. A Noventa di Piave fanno 4 giorni alla settimana di cassa integrazione, noi nessuno".

Il pensiero va anche al territorio, oltre che a loro stessi. "Per Fusignano sarà un duro colpo - ricorda Billeri -, anche per l’indotto: la ferramenta che ci forniva, l’azienda che faceva le pulizie aveva assunto una ragazza da poco proprio perché da noi c’era sempre lavoro". Ci si trova così da un giorno all’altro a doversi reinventare. "Era la mia famiglia, abbiamo dato anima e corpo per questa azienda che sentivamo nostra - racconta Prati -, ci troviamo dalla sera alla mattina senza un’entrata con il mutuo da pagare". "Adesso devo fare il curriculum a 52 anni - spiega Valdinoci -, ci stiamo guardando in giro alla ricerca di qualcosa". "Trovare lavoro a 49 anni non è facile - rincara Billeri -. Il governo dice che c’è tanto lavoro, ma io non ne sto trovando, qualcuno non la sta raccontando giusta". La sensazione è che la speranza sia ridotta al lumicino e rimane tanto rammarico per come stanno andando le cose. "L’azienda all’inizio era una cooperativa, comprata con le quote sociali dei soci dell’Evergomma, noi eravamo i figli dei soci - ricorda Prati -. Lavorare all’Icme era un fiore all’occhiello, poi e in un paio di anni ci hanno chiuso. Va bene la crisi, ma non avremmo mai pensato a questo epilogo, cercheremo in tutte le maniere di salvare la nostra azienda".

Matteo Bondi