Pusher fu arrestato con la droga "Moglie e figlio non sapevano che il familiare spacciasse"

Assolti entrambi, mentre l’accusa chiedeva una pena a 4 anni e 8 mesi

Si è svolto ieri in Tribunale a Ravenna il processo penale nei confronti della moglie e del figlio di un cittadino albanese cinquantenne, residente da anni a Faenza, arrestato il 6 maggio 2019 in quanto trovato in possesso di sostanze stupefacenti per oltre un kg e 600 grammi, suddivisa tra cocaina e hashish. La droga era stata rinvenuta durante una perquisizione effettuata nel corso di una operazione coordinata tra la Squadra mobile di Forlì e quella di Ravenna. La droga era nascosta in varie scatole occultate in cantina, in uno sgabuzzino e nell’armadio della camera da letto. Immediatamente dopo l’arresto il cittadino aveva confessato la propria responsabilità escludendo, nel contempo, quella dei suoi familiari con lui conviventi. Il processo nei confronti del cittadino albanese, difeso dall’avvocato Nicola Montefiori di Faenza e dall’avvocato Carlo Benini di Ravenna, si era concluso con un del patteggiamento. Il procedimento penale era però proseguito nei confronti della moglie e del figlio, quest’ultimo poco più che maggiorenne, in quanto la Procura sosteneva che, visto l’ingente quantitativo rinvenuto, gli stretti familiari del condannato non solo non potessero non sapere ma che anzi fossero complici, dovendo così rispondere di concorso nella detenzione ai fini di spaccio unitamente al loro familiare. Di diverso avviso erano invece gli avvocati Montefiori e Benini, i quali, sostenendo la non consapevolezza dell’attività criminosa di spaccio che stava portando avanti il condannato, hanno chiesto e ottenuto dal Gup Andrea Galanti un processo con rito abbreviato condizionato alla produzione della dichiarazione del familiare resa agli agenti al momento dell’arresto, con la quale si assumeva tutta la responsabilità dei fatti. I legali degli imputati, precisando che lo stupefacente era stato ben nascosto dal familiare nell’appartamento e nella cantina e che quindi neppure ne erano a conoscenza, hanno puntato la loro difesa anche sullo stato di incensuratezza degli imputati, sul fatto che la moglie era dipendente a tempo indeterminato mentre il figlio era studente anche con buon profitto e che mai erano stati anche solo sospettati di avere a che fare con lo spaccio di stupefacenti. Il pubblico ministero aveva chiesto per entrambi una condanna a 4 anni e 8 mesi di reclusione, più 30mila euro di multa. Il giudice li ha assolti per non aver commesso il fatto. Le motivazioni della sentenza saranno depositate tra 90 giorni.