REDAZIONE RAVENNA

Progetto Undersea: idrofoni per monitorare il rumore antropico nel mare Adriatico

Il progetto Undersea, finanziato dall'UE, utilizza idrofoni per studiare l'impatto del rumore antropico sulla fauna marina nell'Adriatico.

Il relitto della piattaforma Paguro

Il relitto della piattaforma Paguro

Traffici commerciali. Navi da crociera. I rumori prodotti dalle piattaforme, quelli dei pescatori con le loro reti. La pace (acustica) non c’è neanche in mezzo al mare. E così nei giorni scorsi i subacquei della sub Gian Neri di Rimini e il personale della fondazione Cetacea di Riccione hanno posizionato un idrofono nell’area del relitto della piattaforma Paguro, al largo delle nostre coste. Resterà lì un anno e mezzo a registrare i rumori del mare: è parte del progetto ’Undersea’, finanziato dall’Unione Europea per oltre 2 milioni, che vede 13 idrofoni in vari punti dell’Adriatico, da nord a sud, tra Italia e Croazia. "Il progetto è alla seconda edizione – dice Sauro Pari, direttore della fondazione Cetacea –. La prima, tra il 2019 e il 2022, si chiamava ’Soundscape’ e ha ottenuto risultati notevoli. ’Undersea’ è più ampio che si pone lo stesso obiettivo: valutare il rumore antropico in mare". Che c’è, contrariamente a quanto si potrebbe pensare: "Molti ritengono che in mare il rumore non si senta – prosegue Pari – e invece sott’acqua il suono ha una velocità di trasmissione quasi 4 volte superiore. Nell’aria si diffonde a circa 350/360 metri al secondo, in mare si arriva a 1.240. E anche l’espansione spaziale del rumore è maggiore". Con conseguenze sulla fauna marina: "I delfini, e in Adriatico ce ne sono tre famiglie di cui una al largo di Goro e le altre due nella zona dell’Istria, sono in difficoltà: usano il biosonar per comunicare e anche per riconoscersi tra loro, ma diventa praticamente inutilizzabile perché l’inquinamento antropico falsa e devia il segnale – spiega Pari –. Questo complica la ricerca di cibo. L’ombrina fa un canto d’amore che con i suoni antropici non viene udito e così perde la possibilità di riprodursi". Difficoltà nel trovare cibo e nell’accoppiarsi sono elementi che possono portare queste specie a migrare altrove, nel tempo: e questo finirebbe per modificare l’ecosistema dei nostri mari.

I rumori antropici sono dati, principalmente, dal traffico marino: "Nell’alto Adriatico ci sono due porti di grande importanza, ovvero Ravenna e Trieste – aggiunge Pari – e più a sud ci sono Ancona, Spalato, Dubrovnik. Il traffico marino commerciale sta crescendo e lo stesso vale per quello turistico. Tra l’altro per i mezzi sulle nostre strade esistono delle limitazioni al rumore che il motore può emettere, ma non è così per le barche. Anche il rumore prodotto dai mezzi da pesca quando sono sotto sforzo, come quando trascinano una rete immersa, è notevole. Poi ci sono le piattaforme estrattive... Insomma, i rumori sono tanti".

Attorno al relitto della piattaforma Paguro, esplosa nel settembre 1965 per un’eruzione di gas dal sottosuolo, si è creato un cratere - causato proprio dall’incidente - molto popolato da flora e fauna marina e per questo considerato sito di interesse comunitario. "Nel progetto precedente avevamo posizionato un idrofono nell’area di pertinenza della piattaforma estrattiva Azalea, al largo di Rimini – dice Pari –, ed è stato un ottimo punto di osservazione e captazione del suono. Stavolta abbiamo scelto il relitto della Paguro perché è un’area meno rumorosa rispetto a quelle dove si trovano le piattaforme e siamo sicuri di poter valutare meglio i sonar".

Sara Servadei