Processo Mauro Guerra: "Coda tagliata a un cucciolo". In pochi casi la legge lo prevede

In aula il caso del co-imputato. Ascoltata una veterinaria che si era occupata di due cagnolini dopo che, a suo dire, "la loro stessa madre li aveva attaccati". La sentenza potrebbe arrivare a fine anno.

Processo Mauro Guerra: "Coda tagliata a un cucciolo". In pochi casi la legge lo prevede

Un cane (repertorio). . Nel tondo Guerra

Tagliare la coda a un cane è legale soltanto se accade nell’interesse dell’animale. Tra i pochissimi casi previsti dalla legge, figurano ad esempio cure praticate a seguito di incidenti. È un’operazione chirurgica che solo un veterinario può fare: si chiama ’caudotomia’ e se eseguita senza necessità, dal 2010 configura il reato di maltrattamento di animali. Di questo argomento principalmente si è parlato ieri mattina nel processo che vede il veterinario 51enne Mauro Guerra sotto accusa per vari reati in danno di animali oltre che di natura tributaria.

In realtà al centro dell’udienza c’era il co-imputato, un addestratore 45enne difeso dall’avvocato Luca Berger, rimasto sin qui per ovvie ragioni nell’ombra: a lui vengono contestate del resto solo un paio di condotte. Una in concorso con Guerra per la contestata falsificazione di un libretto sanitario di un cane di razza Épagneul Breton. E una, in concorso con un veterinario non identificato, per il taglio della coda dell’animale il quale peraltro non aveva microchip.

Primo a prendere la parola, è stato un 46enne appassionato di cani da caccia: è lui che aveva regalato il Breton all’amico 45enne. "Non aveva la coda - ha precisato in aula davanti al giudice Piervittorio Farinella - perché, a un paio di giorni dalla nascita, la madre aveva attaccato l’intera cucciolata: due erano poi morti e uno lo avevo regalato". Sollecitato anche dalle domande del pm Marilù Gattelli, il teste ha ricordato di essersi rivolto alla sua veterinaria. E di avere fatto presente all’amico che a quel cucciolo "doveva mettere microchip: forse gli è sfuggito". Il 46enne, pur con diverse imprecisioni sulle date sottolineate dal pm, ha precisato di essere "allevatore Enci". In quanto ai tre cuccioli, "erano tutti mordicchiati: la madre se li stava mangiando da dietro". E così "dalla mia veterinaria sistemammo a uno la coda". Al termine della deposizione, alla luce dell’alternanza sul ricordo di alcune date, il giudice gli ha chiesto quando fosse stata l’ultima volta che aveva parlato con l’imputato rammentandogli l’obbligo di riferire la verità.

Dopo di lui, è intervenuta la veterinaria 67enne che si era occupata dei cani feriti: "Per un problema di cannibalismo" il 46enne "arrivò con questi due cuccioli malmessi, uno più dell’altro". Al primo "tagliai la coda; l’altro aveva varie ferite posteriori: gli praticai una terapia locale". In quanto alla manovra di caudotomia, "si cerca di fare un taglio: ma bisogna occuparsi dell’emorragia". Nel cucciolo, "la coda era già in parte staccata". A sua memoria, era il 3 giugno 2020 e i due cuccioli erano stati portati nel pronto soccorso della struttura. La veterinaria ha qui specificato che, "se non richiesto, non rilascio certificati perché non è uso. E qui non so se" quegli animali "sarebbero arrivati al giorno dopo". Circostanza, questa, che ha generato varie domande sia del pm che della parte civile. Il giudice ha infine sottolineato che proprio in ragione del fatto che il taglio della coda è operazione consentita solo in specifici casi, si aspetterebbe in generale che venga sempre rilasciato un certificato a tutela dei proprietari.

Andrea Colombari