Questa volta dietro alla richiesta di fallimento non c’è Moët Hennessy Italia spa, colosso del settore degli alcolici di lusso che aveva presentato la prima istanza più di recente naufragata per un vizio di forma. Questa volta sulla ravennate Andromeda srl - precedente gestore della discoteca Pineta di Milano Marittima - si è mossa direttamente l’agenzia delle Entrate per un credito di circa 2,4 milioni di euro tra cifra ammessa e ammissibile.
Una domanda di liquidazione giudiziale che a fine agosto passerà da quella che una volta veniva indicata come udienza pre-fallimentare: ovvero il legale rappresentante della società interessata avrà modo di esporre le proprie ragioni. In sintesi, tutto daccapo insomma. Perché Andromeda era già entrata in liquidazione giudiziale: era accaduto il 4 dicembre scorso quando il tribunale di Ravenna aveva nominato curatore il commercialista Claudio Colatorti. In quel momento il ramo d’azienda Pineta era già passato alla milanese Hdp22 per poco più di 47 mila euro in quota contanti (non saldati al 31 dicembre scorso): l’accordo in tal senso era stato perfezionato il 22 marzo 2022 davanti a un notaio di Arezzo, città della quale è originario il 42enne Marco Amadori inquadrato come amministratore di fatto della srl ravennate e presidente del cda di quella milanese. Secondo la liquidazione, Andromeda avrebbe cioè ceduto il locale a se stessa. Tale circostanza e lo sfratto pendente in quel momento chiesto dalla proprietà dei muri, la Romagna srl, per 142 mila euro di canoni non versati (risulta ora definitivamente convalidato), avevano dettato il contesto della richiesta di sequestro giudiziario disposto il 20 e confermato il 28.
In seguito erano accaduti due fatti nuovi che avevano interessato da vicino il celeberrimo locale rivierasco. Ovvero Manta, società legata al noto stilista fiorentino Roberto Cavalli, aveva iniziato con il nuovo corso dopo avere raggiunto un accordo per l’affitto con Romagna srl e con il curatore di Andromeda per l’azienda. Quindi la corte d’appello di Bologna, in seguito a specifico reclamo, a causa di un difetto di notifica aveva revocato la dichiarazione dell’apertura di liquidazione giudiziale. Ecco perché tutto daccapo.
Intanto la prima udienza per i creditori fissata all’11 luglio scorso, è naturalmente saltata. Ma il potenziale passivo è stato rivisto in 2,6 milioni di euro: perché agli 1,4 già ammessi, si dovranno sommare le pervenute richieste tardive tra cui circa 600 mila euro da parte di agenzia delle Entrate e oltre 70 mila euro dalla Siae. In quanto ad Andromeda, il curatore rimarrà tale con compiti di vigilanza fino a che la decisione sulla revoca della liquidazione giudiziale non dovesse passare in giudicato. Su questo fronte, alla luce della sospensione udienze fino a fine mese legata al decreto alluvione, il nuovo termine è slittato a fine agosto: ma nel frattempo il giudice potrebbe avere già deciso sulla istanza dell’agenzia delle Entrate.
In tutto questo vortice di cose, è lecito domandarsi se il sequestro del ramo d’azienda possa essere considerato ancora in piedi. La risposta non è perentoria per via di una serie di circostanze. A partire dal fatto che nel giudizio di merito, il giudice - anche senza il parere del curatore - abbia accolto la richiesta di estinzione con conseguente decadenza del sequestro. Un paio di giorni dopo, il collegio civile, respingendo il reclamo sul decreto cautelare di sequestro giudiziario, ha invece confermati tutto perché "se l’azienda rimanesse in capo ai medesimi soggetti che l’hanno gestita sino ad ora", si incapperebbe nel rischio di accumulare "ulteriori debiti". Per dirimere la questione, il sequestro potrebbe cioè essere riproposto.
Andrea Colombari