Nei giorni scorsi, Confartigianato ha presentato i dati del 24° rapporto congiunturale del proprio ufficio studi nazionale. Un report dal quale scaturisce un ritratto della nostra economia, fatto di luci ed ombre. Tra i dati positivi, va citato quello relativo al Pil che, nel 2023, dovrebbe vedere un aumento dell’1%, rispetto a stime precedenti tra lo 0,6 e lo 0,7%. In un contesto internazionale che vede una bassa crescita, i dati italiani sull’aumento degli investimenti, delle esportazioni e delle presenze turistiche, rappresentano un risultato apprezzabile. È una buona notizia il segnale di rientro dell’inflazione, che a marzo 2023, secondo l’indice armonizzato europeo, scende al +8,1%, dal 9,8% di febbraio. Dopo la progressione del 2022, l’inflazione di fondo – al netto di energia e alimentari freschi – inizia scendere, passando dal +7,0% di febbraio al +6,8% di marzo.
Nel rapporto di Confartigianato ci sono anche zone d’ombra. Innanzitutto il fatto che la riduzione dell’inflazione non stia avvenendo ovunque, in Europa, e questo farà sì che non si attenui la stretta monetaria della Bce. Altro dato negativo è l’inflazione, che sta pesando molto sui consumi delle famiglie, con prezzi cresciuti a doppia cifra negli ultimi 12 mesi.
Questo sta provocando una riduzione della propensione al risparmio. Inoltre, la ripresa del mercato del lavoro potrebbe essere compromessa dalla crescente difficoltà di reperimento del personale che, ad aprile, è salita al 45,2%, quasi 5 punti in più rispetto a un anno prima, e ben 20 punti in più del 2019. Altro punto dolente è la pressione fiscale. Il debito pubblico sempre più pesante a causa dell’aumento dei tassi di interesse, fa prevedere una pericolosa sincronizzazione restrittiva tra politica fiscale e politica monetaria. Per Confartigianato è quindi prioritario procedere speditamente con il Pnrr.