
"Non è importante essere appassionati ma fare bene il proprio lavoro". Con queste parole Tommaso Ragno (foto) – maestro del...
"Non è importante essere appassionati ma fare bene il proprio lavoro". Con queste parole Tommaso Ragno (foto) – maestro del teatro e del cinema italiano, così come della tv e della radio, dove si è sempre distinto per versatilità e profondità interpretativa – descrive il mestiere dell’attore per cui servono pazienza e testardaggine. Sabato 18 e domenica 19 gennaio, tornerà all’Accademia Marescotti per condurre la master class ‘Il monologo: analisi, intenzione, azione’ aperta agli allievi della scuola e agli aspiranti attori.
Ragno, lei aveva conosciuto Ivano Marescotti nel 1988 durante lo spettacolo ‘Woyzeck’ per la regia di Mario Martone. Cosa proporrà agli allievi della scuola a lui intitolata?
"Una riflessione su un racconto di Franz Kafka ‘Una relazione per un’Accademia’ che ho a lungo studiato e portato in teatro. Protagonista è una scimmia catturata in Africa che, raggiunta l’Europa su una nave, capisce di poter imitare gli uomini per garantirsi la libertà di esibirsi nei teatri e non finire in uno zoo. La storia, incentrata sull’evoluzione da scimmia a uomo, offre utili strumenti per capire come è strutturato un monologo, tra racconto e azione".
Il 16 gennaio uscirà al cinema ‘L’abbaglio’ di Roberto Andò in cui lei interpreta un ‘nuovo’ Garibaldi. Può parlarne?
"Come sintetizzato dal titolo, è la storia della trappola geniale che Garibaldi preparò contro l’esercito borbonico in occasione dello sbarco dei Mille a Palermo. La scelta di dividere in due i Mille e di simulare una ritirata, si rivelò vincente. Nel cast ci sono Toni Servillo che interpreta il conte Orsini e Ficarra e Picone, due personaggi d’invenzione di tipo picaresco. Il Garibaldi che ne viene fuori non è tanto l’eroe o l’icona che tutti conosciamo dall’infanzia, ma un uomo tormentato da dubbi, sceso dal ‘piedistallo’".
Lei è reduce anche dal successo di ‘Vermiglio’, premiato con il Leone d’argento – Gran Premio per la giuria al festival di Venezia, nominato ai Golden Globe 2025 e in corsa per gli Oscar. Lo si può definire uno dei film che le ha regalato maggiori soddisfazioni?
"Sì, senza dubbio, insieme a ‘Nostalgia’ di Martone. Mi è piaciuta la grande libertà lasciata alla regista Maura Delpero, cosa non scontata. Ne è venuto fuori un film molto visuale, rigoroso e con precisi codici linguistici che ha funzionato pur senza avere grandi star. Sono stato fortunato a prenderne parte, la trasformazione che mi ha permesso di fare Maura è ciò per cui si spera di fare l’attore".
Lei in genere dove preferisce lavorare, al cinema o a teatro? "Non ho preferenze, ovunque possa fare bene il mio mestiere. C’è però da dire che, a livello di artigianato, il lavoro dell’attore si costruisce più in teatro dove il rapporto con il pubblico è diretto. Il cinema è molto in mano al regista, la recitazione non è basata sulle parole ma sui comportamenti, l’artificio è più forte. È il film che deve funzionare e le grandi star contano fino a un certo punto. Poi chiaramente può capitare di vedere belle interpretazioni in film brutti. Certi ruoli di Robert De Niro o Marlon Brando sono rimasti impressi pur in film non eccellenti".
Cosa serve per diventare un buon attore?
"Pazienza e testardaggine, più della passione che può svanire, per affrontare i sacrifici e le tante delusioni. Per il teatro, anche una salute di ferro, una certa resistenza. Addio sregolatezza…".
Roberta Bezzi