Ha vissuto il tempo in cui alla sera d’inverno ci si ritrovava con i vicini davanti al focolare a ‘trebbo’, e quando qualcuno gli chiedeva cosa avrebbe voluto fare da grande, lui candidamente rispondeva ‘il prete’: più della vocazione c’entrava il fatto che per ogni messa che serviva tutte le mattine il parroco gli dava 10 lire. Ivo Laurentini i voti li ha poi proprio presi, e con convinzione, ed è diventato padre Ivo dei Frati minori conventuali e dal 2017 è Rettore della basilica di San Francesco e responsabile del Centro Dantesco fondato da padre Severino Ragazzini. E sono ben vivi, in padre Ivo, i tanti contatti che a cominciare dai primi anni 70 aveva avuto con padre Severino e con padre Giovanni Lambertini, il ‘francescano del presepe’, grande appassionato di astronomia che in San Francesco ha vissuto per 30 anni a cominciare dal 1954.
Padre Ivo, avrebbe mai pensato di approdare al ‘tempio’ di Dante?
"Assolutamente no, d’altronde non avevo certo la preparazione in Dante che aveva padre Severino Ragazzini, colui che qui a Ravenna nei primi anni ’60 organizzò il Centro Dantesco. Io conoscevo di Dante ciò che si imparava al Classico. La grande intuizione di padre Ragazzini fu quella di creare un centro di documentazione il più possibile popolare e permettere a tutti di conoscere la poesia del poeta. Ed ebbe la grande idea di organizzare nei chiostri eventi culturali internazionali attorno a Dante, come la biennale del Bronzetto e la biennale di pittura".
Lei ebbe modo di conoscerlo? "L’avevo incontrato sia da studente sia successivamente agli incontri che facevamo, ma non in relazione a Dante. E ho conosciuto anche un altro notissimo frate, padre Giovanni Lambertini, che fino al 1982 è stato qui in San Francesco. Era un appassionato di astronomia e di presepi, lo chiamavano a costruire anche il presepe a Bologna".
Padre Ivo, quando è arrivato la prima volta a Ravenna?
"A cavallo degli anni 70, da studente di teologia, venivamo mandati a conoscere le comunità francescane in giro per l’Italia e quindi anche a Ravenna. Ma con un ruolo, quello di superiore e responsabile del Centro Dantesco, sono arrivato nel 2009, in sostituzione di padre Maurizio Bazzoni chiamato a Bologna. Rimasi quattro anni, da noi sono ricorrenti i cicli di quattro anni perché è l’intervallo di tempo in cui si riunisce il Capitolo in cui si prendono le decisioni; dopo Ravenna fui mandato al santuario di Como come confessore. Nel 2017 mi hanno rimandato qui a Ravenna e nel’21 l’incarico è stato rinnovato, fino al ‘25. Poi vedremo…".
Com’è arrivata la scelta religiosa?
"Da bambino, quando in inverno ci si riuniva attorno al camino con i vicini di casa e si sgranavano le pannocchie, a chi mi chiedeva cosa volessi fare da grande, rispondevo: il prete; pensi che tutte le mattine alle 6.30, prima di andare a scuola, servivo messa, mi piaceva ma soprattutto a ogni messa il prete mi dava 10 lire e in più entravo gratis al cinema parrocchiale. E dopo la quarta elementare, i miei genitori mi iscrissero, per la quinta e la prima media, al collegio di Longiano, costava poco, 2mila lire al mese… poi seconda e terza al collegio di San Francesco a Faenza".
Ormai la decisione per il percorso religioso era presa…
"Ginnasio, poi noviziato di un anno ad Assisi già col saio da francescano, quindi liceo Classico in collegio a Bologna, disciplina giornaliera rigidissima, si poteva rientrare in famiglia solo per 8 giorni all’anno! Dopo il diploma, 5 anni di teologia a Roma, quindi la professione di fede definitiva, l’ordinazione sacerdotale a 26 anni, nel 1973, a Ranchio, mio paese d’origine e infine due anni di specializzazione in Cristologia. Nel frattempo, il primo ruolo operativo, cappellano del carcere di Parma".
Prima tappa di un lungo tragitto che l’ha portato in molti conventi. Quanti frati siete qui in San Francesco?
"In quattro, compreso padre Vittorio che ha 93 anni ed è ancora in buona forma. Purtroppo non ci sono quasi più vocazioni, tre-quattro all’anno, nel 2013 l’ordine contava su 300 frati, oggi sono 200, ogni quattro anni chiudiamo conventi, nel 2025 sarà chiuso quello di Faenza, nel 2027 quello di Ferrara, temo che nel 2029 venga chiuso anche questo di Ravenna. L’obiettivo è di concentrare le forze sui conventi più importanti, Assisi, Padova, Roma, Bologna".
Crisi delle vocazioni, parallelamente alla riduzione degli appartenenti all’ecclesia…
"Metà della società è oggi indifferente al discorso religioso, il benessere addormenta le coscienze, annulla la riflessione, la ricerca della verità; poi c’è chi magari ha avviato un percorso con altre religioni. Per il futuro occorre immaginare una società religiosa diversa da come l’abbiamo conosciuta fino al secolo scorso".
Torniamo al Centro Dantesco, alle tante iniziative collegate: è stato difficile raccogliere e portare avanti il testimone?
"Qui ci sono iniziative già ben rodate, la cosa importante è avvalersi di buoni collaboratori, affidarsi a gente esperta. Mi sembra che finora tutto sia andato al meglio, penso ad esempio al lungo ciclo di letture della Divina commedia, con accompagnamento musicale con il maestro Amadei, in preparazione al settimo centenario di Dante e penso soprattutto alle iniziative anche per le scuole, come il concorso di poesia ‘Alloro di Dante’, organizzato da Rinascimento poetico, siamo al terzo anno. E come non ricordare la serata con il premio Nobel Jon Fosse, nel maggio scorso o il concorso multimediale sempre per le scuole, Dante in Rete. E dal 23 agosto prossimo prenderanno il via le iniziative per il Settembre dantesco".
Se nel 2029 il convento dovesse chiudere chi erediterà tutto questo?
"Bella domanda, proprio non so cosa potrà accadere. Il fatto è che anche adesso è tutto molto difficile perché i donatori hanno ridotto drasticamente i finanziamenti e proprio non so quanto potremo andare ancora avanti, non so per quanto potremo mantenere in vita tutte le iniziative dantesche".