REDAZIONE RAVENNA

Ortazzo, precedenza al Parco. Decaduto il contratto di vendita. Ma la proprietà darà battaglia

I 447 ettari dell’area naturalistica non saranno più acquisiti dalla società del gruppo Mazzoni. Interrotti i contatti fra l’ente del Delta e la società proprietaria. Verso il ricorso in tribunale.

Ortazzo, precedenza al Parco. Decaduto il contratto di vendita. Ma la proprietà darà battaglia

Sempre ricco di ‘colpi di scena’, più o meno prevedibili, lo scenario dell’Ortazzo e Ortazzino, da oltre un anno al centro dell’attenzione e delle polemiche (nei confronti di Comune, Regione ed Ente Parco del Delta) a opera delle associazioni ambientaliste e culturali ravennati, in primo luogo Italia Nostra e Wwf: i 477 ettari dell’area, superprotetta dal punto di vista naturalistico, non saranno infatti più acquistati dalla società ferrarese Gobbino srl, del gruppo Mazzoni (leader in Italia sul fronte dell’ortofrutta fresca e surgelata): il contratto preliminare di compravendita intercorso fra l’allora proprietaria Cpi Real Estate Italy spa e la Gobbino srl e firmato il 7 settembre 2023 è stato infatti dichiarato decaduto con atto registrato il 5 aprile scorso.

Peraltro in precedenza (a dicembre), la Cpi Real Estate Italy aveva cambiato denominazione in Miura Re spa, società anche questa nell’orbita del lussemburghese Cpi Property Group, quotato in Borsa, che la detiene al cento per cento. La decadenza del ‘preliminare’ è dovuta all’insorgere di un fatto nuovo, ovvero l’esercizio del diritto di riscatto sull’intera area operato dall’Ente Parco Delta del Po; il cambio di denominazione è probabilmente dovuto al fatto di non voler coinvolgere il nome di Cpi Real Estate, società di notevole rilevanza sul fronte immobiliare, in una più che probabile vicenda giudiziaria posto che il diritto di riscatto dell’area non è riconosciuto dalla proprietà e la vicenda è destinata quindi ad approdare davanti a un giudice civile posto che, almeno fino a un mese fa, i contatti fra il Parco e la proprietà per cercare un accordo erano interrotti. La dichiarazione di inefficacia del contratto preliminare (che avrebbe dovuto trasformarsi in rogito entro il 15 marzo 2024) era prevista all’articolo 10 dato che l’accordo era "sospensivamente condizionato al verificarsi" di quattro condizioni (esplicitamente indicate) e fra queste una riguardava il fatto che non ci fosse esercizio della "prelazione agraria" da parte dei coltivatori diretti confinanti con l’area e l’altra che non ci fosse l’esercizio dell’asserito diritto di riscatto da parte del Parco del Delta del Po. Evento, questo, puntualmente invece verificatosi a fine 2023. Con lo scioglimento del contratto preliminare, la società Gobbino srl si è vista restituire i 200mila euro di caparra confirmatoria versati a favore di Cpi Real Estate Italy spa, senza aggiunta di interessi come sancito nell’accordo; come si ricorderà, la vendita dell’intera area alla società ferrarese avrebbe fatto affluire nelle casse della proprietà la somma di un milione e 60mila euro, a fronte di una spesa di 603 mila euro sostenuta all’inizio del 2023 dalla stessa Cpi Real Estate Italy per acquistare l’area dalla Immobiliare Lido di Classe (altra società della stessa orbita) che ne era proprietaria dalla fine degli anni Sessanta.

La mancata esecuzione del contratto ha pertanto provocato un bel danno, cosiddetto da lucro cessante, di oltre quattrocentomila euro e sarà questa la somma base su cui verosimilmente, così stando le cose, verrà formulata la richiesta di risarcimento nei confronti del Parco nell’ambito di una ‘domanda riconvenzionale’ all’interno della causa civile che giocoforza (a meno di imprevedibili accordi dell’ultimo momento) verrà avviata dall’Ente Parco per vedersi riconosciuto il diritto al riscatto.

Carlo Raggi