ANDREA COLOMBARI
Cronaca

“Non fu suicidio”: riaperto il cold case del macellaio

Faenza, l’uomo era braccato dagli strozzini. A ucciderlo sarebbe stato un vigile urbano che gli aveva prestato denaro. La macabra messinscena dell’impiccagione

Macellaio morto: "Fu omicidio, processateli"

Domenico Montanari

Faenza (Ravenna), 1 novembre 2024 – Ci sono storie dove nulla è come sembrava. Quello di Domenico Montanari, cotitolare di una storica macelleria di Faenza, nel ravennate, sembrava l’ineluttabile quanto improvviso suicidio di un negoziante sommerso dai debiti e stritolato dallo strozzinaggio. E invece più di cinque anni dopo, raccontiamo la storia di un omicidio: almeno secondo il Tribunale di Ravenna che ha, ora, ordinato l’imputazione coatta per due sospettati.

Si tratta del 55enne ex vigile urbano Gian Carlo Valgimigli. E del 31enne di origine albanese Daniel Mullaliu, fratello dell’allora compagna del 55enne. Per loro, entro 10 giorni la Procura, pur a fronte di una iniziale richiesta di archiviazione, dovrà formulare l’imputazione per omicidio in concorso. Per il Gip Janos Barlotti, Montanari fu eliminato perché era stanco di pagare ed era intenzionato a rivolgersi alle forze dell’ordine: un delitto commesso da più persone e mascherato da gesto estremo.

Scenario inimmaginabile quando il 25 luglio 2019 Montanari era stato trovato impiccato dentro al suo negozio. “Asfissia meccanica”, aveva scritto nel referto il medico legale. E il fatto che non fossero stati rinvenuti segni di colluttazione, non aveva lasciato altro margine al caso. A ritrovare il corpo verso le 5.50, era stato Valgimigli arrivato lì in divisa. Le successive indagini, avevano consentito di accertare un vorticoso giro di prestiti a strozzo dell’ex vigile: aveva fatto indebitare il defunto per 300 mila euro a fronte di interessi di 30 mila al mese tanto da rimediare alla fine una condanna per morte come conseguenza di altro reato, l’usura appunto.

E fin qui è sempre la storia di un suicidio. Quella che porta all’omicidio, si era affacciata solo un paio d’anni fa grazie alle parole di un pregiudicato: uno che era finito dentro per associazione per delinquere di stampo mafioso. Ed era stato trasferito nel carcere di Ferrara proprio mentre vi era detenuto pure il Valgimigli. Ecco il punto: le confidenze che l’ex vigile urbano gli aveva a suo dire sciorinato, avevano alimentato il nuovo fascicolo. Non qualche aggettivo sparso al vento durante l’ora d’aria: ma una mareggiata di dettagli. Vedi il tipo di corda usata per l’impiccagione, l’orario, il punto di ritrovamento del cadavere, le modalità dell’azione e perfino il movente.

Il pregiudicato è credibile - secondo il Gip - dato che ha rivelato “agli inquirenti una serie di dettagli sulla morte del macellaio mai trapelati sulla stampa”. E poi sulla scena del crimine c’erano “alcuni particolari inquietanti”: come il cellulare della vittima messo in carica, preoccupazione che, chi si vuole togliere la vita, non ha di certo.

Ma anche le chiavi inserite nella toppa dall’interno con la porta aperta e le luci spente. E ancora i piedi del defunto che toccavano il pavimento. Dalle confidenze, andò così: Valgimigli diede appuntamento a Montanari in macelleria e all’improvviso arrivarono gli altri tre alla spalle bloccando il 64enne senza lasciargli modo di reagire. Ultime confidenze di cella: “È stato un attimo, non ha avuto tempo di reagire”.