Ravenna, 20 marzo 2023 – Continua la nostra rubrica ’Delitti e misteri’, giunta oggi alla nona puntata, un viaggio tra i casi di cronaca emiliano-romagnoli e marchigiani più tormentati. Omicidi, sparizioni, delitti di varia natura rimasti ancora irrisolti, spesso nel dolore delle famiglie coinvolte. Come il caso dell’omicidio di Salvatore Chianese, 42 anni, un padre di famiglia che perse la vita quasi otto anni fa all’ultimo giro di controllo del turno di servizio. Fu freddato da una mano ignota che lo colse alle spalle, sparandogli con un fucile a pallettoni. Negli anni si sono battute diverse piste, dall’omicidio per aver visto qualcosa di scomodo allo scambio di persona, fino ai legami con la terra d’origine del metronotte e l’ombra di Igor il russo. Tutte piste cieche.
Mestieraccio il metronotte. La cava Manzona Vecchia di Savio fa quasi paura a guardarla così, di traverso, al buio, tra le macchine spente e i capannoni vuoti. Ravenna è a pochi chilometri, ma vista da lì sembra su un altro pianeta. Giusto qualche luce incerta che si tuffa tra le canne di quel laghetto da cui escono solo sabbia e fatica. E poco più in là, i contorni di casolari diroccati, esauriti dalla notte e dal tempo dove le prostitute della Statale s’intrecciano con automobilisti di passaggio su materassi sporchi e logori.
Ventinove dicembre 2015, penultimo giro. È mezzanotte o poco più, e Salvatore Chianese, 42 anni, sa che tra poche ore tornerà a casa da suo figlio e sua moglie a Osteria, giusto a un soffio da lì. Arriva alla sbarra, ferma la macchina di servizio sulla sinistra con i fanali accesi; il cono di luce s’infrange sulla serratura. Scende, spiana le chiavi in avanti: e come tutte le altre volte, gli basta toccarle per capire quale è quella giusta. Ma questa volta alle sue spalle c’è un assassino armato di fucile, un calibro 12 caricato a pallettoni. I carabinieri troveranno Salvatore un paio di ore dopo a terra senza la pistola – una Beretta 92 - e senza il portafogli. A ucciderlo, è stata una fucilata esplosa tra la tempia e la spalla sinistra. Le chiavi ciondolano ancora dal lucchetto, nessuno è entrato. E la macchina è sempre lì, ancora accesa, nessuno l’ha toccata: ha però il lunotto sfondato da un secondo colpo. Uno sparo fuori traiettoria, si ipotizza a caldo.
Il movente sembra quasi nel sacco quando pochi giorni dopo sotto la lente degli investigatori finisce una cospicua somma incamerata tutta d’un fiato dal metronotte. E invece no: Salvatore è una brava persona, "sempre irreprensibile sia in famiglia che sul lavoro", annoteranno i pm; e quei soldi sono arrivati nelle sue tasche grazie al rimborso per un incidente stradale. E allora si pensa all’azione maldestra di un protettore infastidito dai giri di perlustrazione. Del resto mica è la prima volta che nell’ambiente delle lucciole si uccide alla cava Manzona: il 14 febbraio 1998 in un fossato della zona era stato trovato il cadavere di Brigitte Fugger, 31enne albanese con passaporto austriaco venuta a Ravenna per prostituirsi e ammazzata con una coltellata al cuore da mani a tutt’oggi ignote.
Ma uccidere proprio in quel punto avrebbe significato fastidi per le lucciole, per lo più bulgare, che frullano su quella carraia. Pista cieca insomma, così come quella legata alla eventuale reazione rabbiosa di un ostinato bracconiere allontanato più volte da quel laghetto ricco di folaghe. Non sortisce miglior destino l’ipotesi di un possibile scambio di persona con un collega; o quella costruita attorno a qualcosa che il 42enne avesse potuto vedere o ascoltare per via del suo lavoro. Disco rosso anche per le piste alimentate da interessi di varia natura su quella cava o legate a conoscenze nella terra d’origine: Trentola Ducenta, comune di 20mila anime del Casertano nel quale Salvatore aveva abitato fino al 2009 prima di venire a Ravenna.
Tutto galleggia a mezz’aria finché la sera del 29 marzo 2017 a Consandolo, nel Ferrarese, un metronotte viene rapinato della pistola, una Smith & Wesson 9x21: il malvivente, armato di fucile calibro 12, lo fa sdraiare a terra con un colpo di avvertimento contro l’auto di servizio. Con la stessa pistola quel malvivente pochi giorni dopo, durante una rapina a Budrio, nel Bolognese, ammazzerà il barista Davide Fabbri. Il suo nome è Igor il russo, Norbert Feher all’anagrafe serba. E le due rapine ai metronotte sembrano in fotocopia: forse Salvatore aveva istintivamente portato la mano alla fondina scatenando una reazione letale? Gli investigatori imboccano la pista Igor. E dai tabulati emerge che una delle due utenze in uso al serbo, il 12 luglio 2015 aveva agganciato una cella di Cervia, cioè non distante dalla scena del crimine. Non è abbastanza però, tanto più che quando il 15 dicembre 2017 lo arrestano in Spagna, tra le sue armi non c’è la Beretta del 42enne. L’ultima pista sul delitto della cava Manzona naufraga quando Igor, interrogato in carcere, al nome di Salvatore sorride cinicamente scuotendo la testa.
(9 – continua)