Ravenna, 12 febbraio 2023 – Più che una svolta investigativa, al momento appare un atto dovuto. Ma la sua notifica sta a indicare che c’è fuoco sotto alla cenere solo in apparenza depositatasi su questo caso ancora irrisolto. Di fatto due avvisi di garanzia hanno raggiunto altrettante persone in merito all’omicidio di Felice Orlando, l’operaio 49enne di origine cosentina ma da tempo residente in Romagna, uscito di casa il pomeriggio del 29 ottobre scorso, un sabato, per andare a caccia e ammazzato da mani tutt’ora ignote in un frutteto che si trova a poche centinaia di metri dalla sua abitazione di Castel Bolognese.
Il cadavere era stato rinvenuto all’indomani mattina dal padre convivente, a sua volta allertato dalla compagna del 49enne preoccupata per non essere riuscita per troppo tempo a raggiungere telefonicamente l’uomo. La vittima si trovava in un fossato senza il fucile accanto ma solo con i cani a vegliare. Gli avvisi già da qualche tempo hanno raggiunto i diretti interessati evidentemente per offrire loro le massime garanzie previste dalla legge di fronte alla necessità di procedere con accertamenti tecnici non ripetibili. Secondo quanto finora emerso, si tratta di persone legate all’ambiente venatorio. E proprio la pista venatoria, sin dall’inizio è stata la più battuta per arrivare a isolare un movente.
L’ultimo a vedere il 49enne in vita verso le 18, era stato un conoscente. Dalla prima ispezione cadaverica, era arrivata una conferma sugli orari: l’uomo era stato ammazzato tra le 18.30 e le 19. Un momento, in quel periodo dell’anno, che coincide con l’imbrunire. E per chi voglia tendere un agguato, è proprio la condizione di luce incerta quella migliore. Di sicuro l’assassino da una distanza compresa tra 1,5 e 3 metri gli aveva prima sparato alla schiena.
Poi si era avvicinato e di nuovo aveva fatto fuoco da circa 30 centimetri, questa volta puntando la canna verso la nuca. Un’esecuzione per una morte istantanea. Sulla quale però era da subito affiorato un dubbio sollevato dal primo medico legale circa la possibilità che quella potesse non essere l’effettiva scena del crimine. La mancanza di determinate tracce sul terreno e il tipo di coagulazione di alcune macchie ematiche, portavano cioè a ipotizzare che il 49enne potesse essere stato ammazzato da tutt’altra parte per poi essere stato trascinato lì dove lo aveva ritrovato il padre. Un tassello, in questo mosaico ancora incerto, che potrebbe guadagnare il suo posto definitivo una volta depositate sia la relazione sulla ricostruzione 3D dei luoghi con uno scanner speciale del Ris che le conclusioni dell’esame autoptico. Resta tuttavia un nodo fondamentale da sciogliere per arrivare alla soluzione del giallo: il fucile calibro 12 scomparso e non ritrovato nemmeno con i droni. Dato che non è l’arma del delitto – sempre di fucile da caccia si tratta, ma di calibro stimato in 16-20 –, le ipotesi si moltiplicano. A partire da una alquanto improbabile rapina finita male. Più plausibile a nostro avviso uno scenario di questo tipo: il 49enne e il suo assassino si incrociano per caso tra i frutteti durante una battuta di caccia. Si mettono a discutere e, nel livore del momento, l’altro stringe la canna del fucile della vittima. Il 49enne allora lo allontana e si volta per andarsene. Ma l’altro, spinto dalla rabbia, gli spara. Poi si ricorda che su quel fucile ci sono le sue impronte e se lo porta via.