REDAZIONE RAVENNA

Omicidio colposo, cinque medici indagati

Si tratta dei ’camici bianchi’ che operarono il 21enne sia al Villa Maria Cecilia Hospital di Cotignola che al Niguarda di Milano

Omicidio colposo, cinque medici indagati

Era morto a soli 21 anni dopo avere trascorso gran parte della sua adolescenza tra mal di testa lancinanti e operazioni chirurgiche in giro per il mondo. Soffriva della patologia di Arnold-Chiari tipo I, malformazione del sistema nervoso centrale. Il primo intervento a 16 anni, al Villa Maria Cecilia Hospital di Cotignola. Era il 9 ottobre 2015. E poi ancora a Barcellona nel novembre 2017, a New York nel novembre 2019 e al Niguarda di Milano nell’ottobre 2020 dove era deceduto il 18 di quel mese. I suoi genitori ci avevano insomma provato in tutti i modi a dargli una vita migliore. Ma alla fine avevano dovuto sintetizzare in un esposto l’amaro epilogo della sua breve esistenza per capire come mai se ne fosse andato così presto.

Per quanto accaduto, il pm Monica Gargiulo ha indagato cinque medici tra il Villa Maria e il Niguarda per omicidio colposo legato a possibili imperizie in ambito sanitario. E ieri mattina il gip Janos Barlotti, nell’ambito di un incidente probatorio, ha affidato l’incarico al medico legale Donatella Fedeli e al neurochirurgo Michele Alessandro Cavallo. Anche gli indagati (difesi dagli avvocati Gennaro Lupo, Dario Zauli, Giovanni Scudellari, Vincenzo Pilotti e Matteo Pisa) e i genitori del giovane (tutelati dagli avvocati Francesco Manetti e Mauro Ferrario), hanno individuato loro consulenti.

Secondo l’esposto a suo tempo presentato alla procura di Milano e trasmesso a Ravenna per competenza, l’operazione a Cotignola sarebbe stata frettolosa in quanto il giovane avrebbe potuto essere trattato con terapia farmacologica. Mentre per quanto riguarda il nosocomio lombardo, sono state sollevate diverse perplessità sulla modalità di gestione del paziente dopo l’operazione.

Il ragazzo era arrivato al Villa Maria un mese dopo la diagnosi della sua malattia. E lì era rimasto ricoverato per una decina di giorni, intervento compreso. Ma da subito - continua l’esposto - aveva accusato un peggioramento dei mal di testa. Tanto che dopo qualche giorno era stato ricoverato in un ospedale campano. Nel 2017 durante una visita all’istituto Meyer di Firenze, uno specialista avrebbe pure detto che le nuove problematiche erano legate proprio all’intervento di due anni prima bollandolo come "non necessario" e "comunque eccessivamente invasivo". Nuova visita da uno specialista, questa volta di Bari, con conferma della recrudescenza dei sintomi. Ora occorreva un nuovo intervento, a questo punto in un ospedale specializzato: quello di Barcellona. Tutto a fine 2017, e i sintomi sembravano essere migliorati o perlomeno non accresciuti. Ma nel 2018 ecco un ulteriore peggioramento. Il caso nel luglio 2019 era arrivato sui tavoli di uno specialista di una clinica di New York con operazione del 21 novembre. In quella sede - prosegue l’esposto -, lo specialista avrebbe pure evidenziato problematiche legate al primo intervento, quello del 2015. Nessun miglioramento: il ragazzo era via via peggiorato. Da qui la ragione dell’ultimo ricovero al Niguarda. Lui aveva cercato di fare tutte le cose che fanno i ragazzi: tra cui mandare messaggi ai suoi amici per raccontare quanto fosse dura in quel momento. Il coma era dietro l’angolo ormai: dopo tre giorni di agonia, la morte avevano spazzato via ogni residua speranza.

Andrea Colombari