Vigilia dell’Epifania: la gente scende in piazza a Faenza per la tradizionale ’Nott de Bisò’, una delle notti più ricche di mistero e tradizioni popolari che si perpetua da 59 anni. La prima edizione si tenne il 31 dicembre 1964. Poi, dall’edizione del 1969, è stata posticipata al 5 gennaio, ed è premiata dai faentini e non solo con una massiccia partecipazione. Solo una volta non si è svolta, nel 1985, quando i rioni fecero sciopero per avere più attenzione dall’amministrazione comunale. Fin dal 1979 il Comitato Palio valorizza le componenti culturali e artistiche, rappresentate dai caratteristici gotti, con significative collaborazioni con il Mic e le botteghe d’arte, iniziando la riproduzione, per cicli decennali, degli stili della ceramica di Faenza.
Ma perché si brucia il Niballo? La storia parte da molto lontano. Durante la seconda guerra punica gli abitanti di queste zone si allearono ai romani per battere il comune e insidioso nemico. Si dice che dimostrassero così la loro fedeltà a Roma e meritassero il titolo di ’faventies’, i favorevoli, i favoriti. Faenza portava fortuna. Così, per sottolineare la propria tradizione di città che porta bene e per aprire il nuovo anno, in occasione della notte dell’Epifania si brucia il simbolo del pericolo, del nemico, che simboleggia il male passato e la speranza di un buon futuro. Alle 18.30 i figuranti del Niballo hanno l’onore di portare in piazza su un variopinto carro trainato da buoi bianchi l’imponente fantoccio rappresentante Annibale, il notissimo generale e uomo politico cartaginese del III secolo a.C. assunto come simbolo dell’avversario nel Palio. È raffigurato come un gigantesco guerriero saraceno e viene bruciato ogni anno per simboleggiare la fine dell’anno vecchio e l’inizio del nuovo, in un rito propiziatorio e folkloristico che attira ogni anno migliaia di visitatori.
g.g.