
Muti, il giudice archivia "Commemorarlo non è apologia del partito fascista"
Commemorare il gerarca Ettore Muti non costituisce apologia del fascismo. E in quell’appuntamento, a metà tra celebrazione e momento di preghiera, che ogni anno l’Anai, Associazione nazionale Arditi d’Italia, organizza al cimitero monumentale non si ravvisa alcuna violazione della legge Scelba, la norma che nel 1952 introdusse l’apologia del fascismo. Lo ha stabilito, ieri pomeriggio, il gip Andrea Galanti, accogliendo la richiesta di archiviazione della Procura per trenta nostalgici che erano indagati a seguito di esposti presentati dalla Consulta Antifascista in riferimento a due commemorazioni, quella del 2020 e del 2021.
"Con la chiara e netta pronuncia di oggi del Gip di Ravenna – commenta l’avvocato Francesco Minutillo che tutela gli arditi – giunge finalmente la incontrovertibile attestazione giudiziaria della legittimità del diritto di pregare per l’anima della Medaglia d’oro Ettore Muti e di farlo rispondendo Presente. Il mio augurio è che la pronuncia di oggi riconcili e rassereni oltre che la vita anche civile di Ravenna anche la Consulta Antifascista: la pietà per un defunto non può e non deve essere motivo né di divisione né di preoccupazione".
La Procura, con i Pm Daniele Barberini e Silvia Ziniti, aveva chiesto l’archiviazione ritenendo che il ritrovo annuale sotto le mura del cimitero, per osannare la figura del gerarca, morto il 24 agosto 1943 nella pineta di Fregene in circostanze mai chiarite, non costituisce reato, non ravvisando in quel meeting di militanti e simpatizzanti di estrema destra alcun concreto pericolo di ricostruzione del Pnf.
Nella lista degli indagati figuravano non solo ravennati, ma anche persone di fuori provincia e regione, venuti appositamente per ricordare le imprese di Muti, nativo di Ravenna, poi divenuto il militare italiano più decorato di sempre. I filmati della Digos avevano permesso di ricostruire le fasi della commemorazione. Un breve e silenzioso corteo dei convenuti armati di tricolori e medaglieri fin sotto al monumento del Marinaio d’Italia. Poi, all’unisono, il Padre Nostro e la Preghiera dell’Ardito; a seguire lettura in chiave eroica della biografia di Muti. Nel finale c’era però stato chi per tre volte aveva pronunciato la frase: "Camerata Ettore Muti", sentendosi rispondere sempre per tre volte: "Presente!". A quel punto uno dei partecipanti aveva alzato il braccio destro con la mano tesa. Un altro, non identificato, sfoggiava una maglietta nera con la scritta ’Onore e fedeltà al Duce’. Per due degli indagati, infatti, è stato aperto un fascicolo per violazione della Legge Mancino del 1993, che sanziona gesti, azioni e slogan che incitino a odio o intolleranza.
Gli autori degli esposti, rappresentati dall’avvocato Andrea Maestri, si erano opposti alla richiesta di archiviazione richiamandosi a sentenze di altri tribunali, ad esempio Milano, che andavano in direzione opposta e avevano censurato raduni analoghi, ravvisando la violazione della Legge Scelba in quanto "il rito dell’appello o del presente per commemorare i caduti fu notoriamente emblematico nella simbologia liturgica fascista", inoltre la “cerimonia religiosa“ sarebbe stata in realtà "una cerimonia laica, ben diversa da quella capziosamente preannunciata". La stessa Costituzione, pur tutelando all’articolo 21 la libertà di pensiero, "nasce proprio dal bando definitivo ed irreversibile del fascismo, che quelle libertà negava e calpestava".
Lorenzo Priviato