CARLO RAGGI
Cronaca

Morto Arturo Ferruzzi. Rimase nell’ombra, ma con lui al vertice il gruppo volava

Si è spento a 84 anni l’azionista di maggioranza dell’impero finanziario reso poi celebre da Gardini, che unì la chimica all’agroalimentare.

Morto Arturo Ferruzzi. Rimase nell’ombra. Ma con lui al vertice il gruppo volava

Si è spento a 84 anni l’azionista di maggioranza dell’impero finanziario reso poi celebre da Gardini, che unì la chimica all’agroalimentare.

Ravenna, 10 novembre 2024 – Era sempre rimasto un passo indietro, anche due: mentre Raul Gardini negli anni Ottanta organizzava l’ascesa mondiale del Gruppo Ferfin, lui, Arturo Ferruzzi, era sempre rimasto nell’ombra anche se con un ruolo ben preciso, azionista di maggioranza all’interno della cassaforte del Gruppo, ovvero la ‘Serafino Ferruzzi srl’ le cui quote erano divise fra i quattro figli del capostipite, appunto Serafino.

E solo nel 1991, dopo l’estromissione di Raul, Arturo Ferruzzi acquisì, quasi in punta di piedi, il ruolo di presidente del Gruppo, mentre Carlo Sama, marito della sorella Alessandra, rivestiva il ruolo di amministratore delegato.

Un ruolo durato appena due anni, perché il 30 giugno del 1993 i Ferruzzi furono costretti a lasciare il Gruppo travolto da 31mila miliardi di lire di indebitamento cui si aggiungevano i 15mila miliardi della controllata Montedison.

Ma di quella caduta repentina del più grande gruppo industriale d’Italia sul fronte agroindustriale e della chimica, Arturo Ferruzzi non fu certo in alcun modo protagonista, come invece ieri alla notizia della sua morte, frettolosamente veniva da più parti definito.

Fintanto che alla guida della ‘Ferruzzi’, come la società si chiamava fino agli anni Settanta, era rimasto il fondatore Serafino, il ‘core business’ si concentrava nel commercio mondiale dei cereali ed era lui a deciderne in grande autonomia le strategie; e da previdente imprenditore ne aveva ben organizzato il futuro orizzonte creando la ‘Serafino Ferruzzi srl’ battezzata come la cassaforte di tutte le attività.

E le quote della ‘Serafino’, in percentuali leggermente diverse, erano state da lui divise fra i quattro figli: Idina, Franca, Arturo e Alessandra, nata nel 1954. Ad Arturo era riservata una quota di maggioranza, vale a dire il 34% (alle sorelle, il 23 %). Così quando il 10 dicembre del 1979 l’aereo privato su cui Serafino stava rientrando da Londra precipitò in fase di atterraggio all’aeroporto di Forlì avvolto dalla nebbia (ci furono altre quattro vittime), la transizione ereditaria si svolse in modo tranquillissimo.

Ma non fu Arturo a prendere in mano le redini, bensì Raul Gardini, marito di Idina che era entrato nella società fin dal 1961 e che già si occupava del fronte industriale, mentre Arturo era concentrato sul fronte delle attività agricole. Un settore che ha continuato a seguire e a sviluppare con grande passione e che è stato peraltro punta di diamante dell’impero negli anni Ottanta quando Gardini avviò il piano per lo sviluppo di prodotti chimici a basso impatto ambientale utilizzando materie prime di origine agricola, la soia in primo luogo, per produrre etanolo e bioplastiche, un piano frutto di visioni di larghissimo orizzonte che però trovò porte chiuse in quanto collidente con il vasto e forte fronte dei detentori degli interessi petroliferi.

Nel contempo la ‘Ferruzzi’ aveva già ampliando il raggio d’azione sia con acquisizioni di svariati settori di interesse a cominciare dal cemento con la Calcestruzzi sia sbarcando definitivamente negli Stati Uniti.

E con la gestione di Raul Gardini, la ‘Ferruzzi’ affrontò gli anni Ottanta con un impeto imprenditoriale senza uguali e con l’approvazione costante della famiglia Ferruzzi. E il colpo grosso fu, nel 1987, l’avvio della scalata alla Montedison, un gruppo strategico per i progetti sui combustibili verdi. Il 26 maggio l’operazione si concluse con una spesa di duemila miliardi e con l’entrata di uomini della ‘Ferruzzi’ nel consiglio di amministrazione della Montedison. E fu anche l’anno in cui la ‘Ferruzzi’ divenne ‘Ferruzzi Finanziaria’, abbreviato in ‘Ferfin’ che divenne la holding al cui interno era racchiuso tutto l’impero di questo che era il secondo gruppo industriale italiano. Fu la successiva mossa di Raul, la creazione, nel 1989, di ‘Enimont’, a determinare la rottura dei rapporti fra il ‘corsaro’ e la famiglia.

La fusione dei due colossi, Eni e Montedison, costò alla ‘Ferfin’ un enorme sforzo finanziario, ma ebbe vita brevissima, appena un anno: non riuscendo ad acquisire la maggioranza, fu costretto dalla famiglia a cedere le quote a Eni: nelle casse della Ferfin entrarono 2.800 miliardi, ma intanto i rapporti intrafamiliari si erano strappati del tutto.

Solo Idina, la moglie, rimase sua alleata. Arturo e Alessandra furono i più accesi avversari di Gardini e il ‘corsaro fu costretto a uscire dal Gruppo. Era il giugno 1991 e fu allora che Arturo Ferruzzi divenne presidente di Ferfin e Carlo Sama amministratore delegato di Montedison. Fu così che Arturo fu costretto ad assumere un ruolo pubblico nel momento più burrascoso per l’impero Ferruzzi che si andava ogni giorno sempre più sgretolando sotto i colpi dei ribassi di borsa quotidiani.

Era infatti accaduto che alla presentazione del bilancio del 1992 era stato deciso di ‘sbiancare’ i ‘buchi neri’ che da tempo erano mascherati dietro ardite operazioni tecnicamente chiamate ‘back to back’. Si trattava di perdite di bilancio che si trascinavano da diversi anni, venivano dall’azzardo di Gardini con il trading della soia alla borsa di Chicago e che non potevano più essere nascoste.

L’emersione di perdite per quasi duemila miliardi di lire scatenò la tempesta in borsa e indusse le banche creditrici ad adottare drastici provvedimenti: furono loro ad esautorare Arturo Ferruzzi, Carlo Sama e gli altri amministratori e a costringerli alle dimissioni il 30 giugno 1993, nominando presidente Guido Rossi e amministratore delegato Enrico Bondi.