Domenico Montanari, sessantaquattrenne contitolare di una nota macelleria di Faenza, fu trovato impiccato nel suo negozio all’alba del 25 luglio 2019. Un caso che all’inizio parve essere un tragico suicidio, ma che col passare del tempo ha assunto contorni ben più oscuri. Due uomini sono sospettati: Gian Carlo Valgimigli, un ex vigile urbano cinquantenne con condanne alle spalle e trascorsi burrascosi, e un trentunenne di origine albanese, fratello dell’allora compagna di Valgimigli. Tuttavia, la Procura di Ravenna aveva chiesto l’archiviazione del caso, ritenendo gli elementi insufficienti per arrivare a una condanna. Ma gip, Janos Barlotti, non vi aveva dato corso, decidendo di convocare le parti.
L’udienza, tenutasi ieri a Ravenna, ha visto la difesa di Valgimigli, rappresentata dall’avvocato Gabriele Bordoni, ribadire la richiesta di archiviazione, sostenendo che non vi sono prove sufficienti a incriminare il suo assistito. Secondo Bordoni, Valgimigli esercitava pressioni economiche su Montanari, e la sua morte avrebbe privato l’ex vigile di una fonte di utilità economica considerevole. Per il decesso di Montanari, infatti, Valgimigli è stato condannato in via definitiva per morte come conseguenza di altro reato: l’usura. In altre parole, gli prestava soldi a strozzo, quindi non avrebbe avuto alcun interesse a ucciderlo. L’altro sospettato, il trentunenne albanese, ha visto il suo legale, Luca Donelli, insistere sull’assenza del suo cliente dal luogo del delitto al momento del ritrovamento del cadavere, negando qualsiasi possibile coinvolgimento.
La svolta che aveva riacceso l’interesse sul caso era arrivata dalle dichiarazioni di un detenuto che nel carcere di Ferrara aveva incrociato l’ex vigile. Secondo il suo racconto, Valgimigli gli avrebbe confessato il delitto, affermando: “Quello lì lo abbiamo ucciso noi”. I dettagli forniti e poi rivelati dal pregiudicato erano precisi: la descrizione della corda usata, l’orario della morte, il luogo esatto del ritrovamento del corpo, fino al movente, apparentemente legato a questioni economiche. Troppi particolari che solo l’autore del gesto poteva conoscere, portando così il giudice a decidere di non archiviare subito il caso, aprendo uno spiraglio per ulteriori indagini.
Ieri il giudice Barlotti ha scelto di riservarsi la decisione. Il caso, infatti, presenta una complessità tale da richiedere una valutazione attenta. Gli scenari che si aprono ora sono tre: archiviazione, nuove indagini, o imputazione coatta dei due sospettati.
Lorenzo Priviato