Non ha dubbi la difesa del principale indagato: "L’archiviazione è l’unico esito possibile di questo procedimento". Il fascicolo in questione è quello aperto in seconda battuta sulla morte del 64enne Domenico Montanari, contitolare di una blasonata macelleria di Faenza trovato impiccato in negozio all’alba del 25 luglio 2019.
E la richiesta che l’avvocato Gabriele Bordoni ha fissato in una memoria difensiva, fa riferimento a una circostanza specifica: il gip Janos Barlotti nei giorni scorsi ha deciso di non archiviare, come invece chiedeva la procura: ma di convocare con apposito decreto i due sospettati per metà settembre. Ovvero il principale indagato appunto, il 55enne ex vigile urbano Gian Carlo Valgimigli; e un 31enne di origine straniera fratello dell’allora compagna del 55enne (è difeso dall’avvocato Luca Donelli). Ad alimentare questo rivolo dell’inchiesta, era stato un pluripregiudicato per reati contro il patrimonio e per associazione per delinquere di stampo mafioso: lui si trovava nel carcere di Ferrara proprio mentre vi era detenuto pure il Valgimigli.
E le confidenze che l’ex vigile urbano gli avrebbe fatto, le aveva riportate in dichiarazioni del 20 dicembre 2022 e dell’11 gennaio 2023. Vedi il tipo di corda usata per l’impiccagione, l’orario, il punto di ritrovamento del cadavere, le modalità dell’azione e perfino il movente.
La richiesta di archiviazione era stata depositata a gennaio perché secondo i pm gli elementi acquisiti non consentono di arrivare a una previsione di condanna. Inoltre esistono ipotesi alternative. Ovvero che quel detenuto potesse avere ritoccato le sue parole per ottenere un permesso premio dal tribunale della Sorveglianza. O che il Valgimigli avesse millantato per accreditare il suo livello delinquenziale agli occhi di un pregiudicato di rango.
Ipotesi raccolte dall’avvocato Bordoni nella sua memoria e ampliate con un aspetto definito tranciante: "La morte di Montanari avrebbe privato Valgimigli di una considerevole utilità economica e non gli avrebbe procurato diversi vantaggi collaterali".
Lo stesso giudice – prosegue il legale – in fase di applicazione di custodia cautelare aveva a suo tempo escluso, sulla base delle stesse argomentazioni, "che ricorressero gravi indizi di colpevolezza a carico di Valgimigli rispetto all’originaria imputazione di induzione al suicidio di Montanari": si tratta della spinta che aveva fatto prendere a quel fascicolo la via della morte come conseguenza di altro reato (l’usura) con tanto di sentenza già passata in giudicato.
Come dire che gli elementi del caso avevano portato quello stesso giudice a "qualificare il fatto come episodio suicidario in conseguenza dell’attività di usura". Da qui la richiesta di archiviazione: l’obiettivo "è evitare di celebrare dibattimenti inutili".
Del resto – ha proseguito Bordoni – la stessa pubblica accusa ha “correttamente ricostruito” l’esito delle indagini come tali da non consentire "di suffragare l’ipotesi d’accusa di omicidio, non potendosi nemmeno affermare" di essere di fronte a una "morte etero-indotta", cioè diretta dall’esterno.
In ogni caso, "a una evidente e incontestabile fragilità dell’accusa", per Bodoni "si unisce una pacifica inconsistenza giuridica" dato che per la morte del Montanari esiste già una condanna passata in giudicato: e nessuno può essere processato più di una volta per lo stesso fatto.
Andrea Colombari