Nel primo pomeriggio del 28 aprile dell’anno scorso, Luca Ferretti - 48 anni e due figlie - era rimasto schiacciato da un mini-escavatore sul piazzale di una ditta che noleggia macchinari a Faenza. Sulla base delle verifiche del locale Commissariato e della medicina del lavoro dell’Ausl coordinate dal pm Stefano Stargiotti, sono partiti di recente due avvisi di conclusione indagine, anticamera di altrettante richieste di rinvio a giudizio. A riceverli, un 61enne di Riolo Terme titolare di una omonima impresa individuale manfreda e inquadrato quale datore di lavoro della vittima (è difeso dall’avvocato Lorenzo Valgimigli). E un 57enne anche lui di Riolo titolare della società che aveva noleggiato il mini-escavatore (avvocati Fabrizio Capuccci ed Enrico Vincenzi). Entrambi devono rispondere di omicidio colposo in cooperazione per non avere osservato - secondo la procura - le norme legate alla prevenzione degli infortuni sul lavoro.
In particolare dalle indagini è emerso che il defunto dal gennaio del 2023 lavorava in nero nella ditta nella quale avrebbe poi trovato la morte. Perlopiù si occupava di noleggio senza conducente di veicoli, cestelli elevatori, piattaforme aeree, attrezzature agricole ed edili. Ed ecco spiegata la ragione della sua presenza verso le 15.20 sul mini-escavatore da scaricare: la ditta di costruzioni che lo aveva noleggiato aveva terminato il periodo e, con un autocarro, era andata a riconsegnarlo. Il 48enne aveva allora allestito delle rampe in allumino a ridosso dell’autocarro: ciò gli aveva consentito di mettersi alla guida dell’escavatore per scaricarlo con la benna verso il resto del camion. Ma sia a causa della mancata formazione specifica su quella manovra che per la non idoneità di quell’autocarro, ecco che all’improvviso si era manifestato un problema di stabilità: l’escavatore si era ribaltato e il 48enne, nel tentativo di salvarsi, si era lanciato fuori dalla postazione di guida. Tutto inutile: perché lui era finito a terra proprio sul punto nel quale era precipitato il macchinario. Il conseguente trauma cranico aveva ucciso il lavoratore in breve.
Secondo il pm, il datore di lavoro di fatto della vittima non avrebbe stilato il necessario documento che contempla la valutazione dei rischi durante il lavoro e l’individuazione delle mansioni particolarmente rischiose: quelle che, come tali, necessitano di capacità professionale precisa, esperienza specifica e adeguata formazione. Su quest’ultimo punto, il 48enne non sarebbe stato adeguatamente formato circa i rischi legati alle attività svolte e le misure di prevenzione e protezione da seguire.
In quanto a chi aveva noleggiato il mini-escavatore, per il pm non aveva adottato le misure necessarie affinché le attrezzature di lavoro (vedi l’autocarro) fossero usate in maniera opportuna. Nel nostro caso, il mezzo non è stato ritenuto idoneo a quella manovra: la portata di carico era stata superata; ma soprattutto il veicolo era destinato al trasporto di materiale sfuso: come tale, scaricabile per ribaltamento.
Andrea Colombari