Montroni da Ravenna a Milano: "Porto lì l’esperienza maturata in Romagna"

Il chirurgo colonrettale approda all’Istituto nazionale dei tumori, dopo anni di attività svolta nei nostri ospedali: "Tra i miei maestri il dottor Ugolini".

Montroni da Ravenna  a Milano: "Porto lì l’esperienza maturata in Romagna"

Un lungo periodo a Ravenna e a Faenza, accanto al primario di Chirurgia Giampaolo Ugolini. Le esperienze all’estero, coinvolto in studi internazionali. E, da lì, il primo contatto con l’Istituto nazionale dei tumori. È così che Isacco Montroni, chirurgo colonrettale, dall’Ausl Romagna è approdato nell’istituto milanese, seguendo un percorso che gli ha permesso di specializzarsi sempre di più nel campo di suo interesse: la chirurgia oncologica colorettale mininvasiva.

Montroni, qual è il percorso che l’ha portata fin qui?

"Ho avuto la fortuna di poter fare diversi periodi di formazione all’estero e in particolare negli Stati Uniti. Quando sono tornato in Italia ho continuato a collaborare con una serie di istituzioni europee in Belgio, con l’idea di sviluppare la chirurgia oncologica colorettale mininvasiva. La possibilità di offrire un intervento chirurgico oncologico mininvasivo riduce lo stress per il paziente ed è un punto di forza anche per la ripresa accelerata del malato, permettendo di arrivare a risultati migliori nella cura della malattia".

Quanto è stata importante l’esperienza di questi anni tra gli ospedali di Faenza e Ravenna?

"Molto. Ho avuto la fortuna di lavorare col dottor Ugolini, di riuscire a fare molta esperienza e poi di avere tanta visibilità grazie agli studi internazionali. Alcune persone che ho conosciuto all’Istituto nazionale dei tumori mi hanno detto che c’era il concorso per la chirurgia oncologica colorettale e l’ho vinto. Sono qui da alcuni giorni".

Prima impressione?

"Eccellente, un posto incredibile. Qui ho la possibilità di focalizzarmi sulla mia area di interesse e di sviluppo professionale non più per una parte della giornata di lavoro, ma per tutta. Questo per me è un aspetto molto importante".

È risaputo che la sanità soffre per la mancanza di medici. Questo rischia di danneggiare i centri più piccoli, con i professionisti più portati verso realtà più importanti?

"Ci si muove sulla base delle possibilità e del desiderio di sviluppare un aspetto della propria professionalità. È chiaro: se ti viene data la possibilità di sviluppare un certo tipo di pratica in un istituto più grande, portando la tua carriera a una fase successiva... È interessante. Ma non lo vedo come un fenomeno di ’fuga’ dai centri più piccoli. Il criterio è un altro".

Cioè?

"A Faenza ero in un piccolo territorio, ma sulla chirurgia e su quella colorettale in particolare non c’era un problema del tipo ’non sappiamo come fare perché non troviamo i medici’. Al contrario, c’era la fila dei professionisti che volevano lavorare con Ugolini. L’attrattività non dipende dalla grandezza dell’ospedale".

È una questione di team e di persone, insomma.

"Di progetto. Quando a Faenza abbiamo iniziato a svilupparci nella chirurgia colorettale è stato importante, e il fatto di essere in un piccolo ospedale non ci è stato d’intralcio, anzi: ci ha permesso di lavorare in modo molto efficiente, mentre magari con numeri maggiori sarebbe stato più complesso. Oltre a un grande leader, in Romagna ho trovato un grande ambiente di lavoro: abbiamo fatto tanto. E infatti facevamo corsi sulla chirurgia mininvasiva con partecipanti da tutta l’Europa".

Sara Servadei