La Cassazione ha confermato la condanna a due anni e sette mesi di reclusione per il 63enne Gabriele Mauro, autista di ambulanze dipendente dell’Ausl Romagna nonché amministratore all’epoca dei fatti della Pubblica Assistenza della Città di Lugo. L’uomo, originario di Adria ma residente a San Lazzaro, era imputato per molestie sessuali nei confronti di una giovane che stava svolgendo il servizio civile: uno scenario che già in primo grado gli era valso una condanna a tre anni, poi ridotta di qualche mese in appello. I fatti contestati risalgono al 17 giugno 2019 quando – secondo quanto delineato dalla procura – l’uomo, difeso dagli avvocati Riccarda Argelli e Lorenzo Valgimigli, aveva palpeggiato la ragazza, tutelata dagli avvocati Giovanni Scudellari e Antonio Primiani, per poi rincorrerla quando lei si era dileguata, cercando infine di afferrarla per un fianco nel tentativo di tirarla a sé.
Una ricostruzione per la quale era stato chiamato a rispondere di violenza sessuale aggravata dall’abuso di potere (alla luce della sua funzione di amministratore), da ultimo inquadrata dalla magistratura sotto un profilo di minore gravità. Le verifiche della polizia erano scattate sulla base della denuncia che la giovane aveva deciso di presentare dopo essersi confidata con la madre. Il gip Andrea Galanti, su richiesta della procura, aveva poi emesso una misura cautelare per l’indagato: il divieto di avvicinarsi alla ragazza. Secondo le verifiche della squadra Mobile tutto era accaduto a cavallo del mezzogiorno quando l’uomo, con una scusa, si era avvicinato alla giovane per poi molestarla. Il diretto interessato ha sempre negato. Anche se una testimone sentita nel corso del primo grado - una donna che al tempo lavorava in obitorio e che si era presenta alla polizia spontaneamente per tratteggiare condotte simili a suo dire subite dall’imputato in precedenza - aveva ricordato questo: “Era l’estate del 2019 e lui venne da me in obitorio mentre ero da sola. Aveva letto il mio nome negli atti: mi disse che non aveva fatto niente di male. Anche se con me aveva fatto lo stesso, se non peggio". Ovvero in una occasione "si era presentato per chiedere di una salma: poi all’improvviso mi avvinghiò e mi palpeggiò, io scappai".
La donna, che scelse di non denunciare per vari motivi (tra cui lui "era sindacalista"), aveva inoltre ricordato che pure la madre della ragazza "mi raccontò di episodi simili accaduti a lei: non denunciò perché aveva paura di perdere il lavoro". Di fatto proprio il processo pendente aveva spinto la Pubblica Assistenza di Lugo a rigettare la domanda della giovane di potere svolgere volontariato: "Al momento non può essere accolta in quanto è ancora aperta la vertenza che la vede coinvolta in veste di denunciatore". Una reazione che aveva sollevato molte polemiche. “E’ la parola fine a una vicenda vergognosa - ha ora dichiarato l’avvocato Scudellari -. Moltissima delusione anche per la condotta tenuta dopo i fatti dalla stessa Pubblica Assistenza di Lugo”, chiaro riferimento al rifiuto alla ragazza in attesa della fine del processo, “come se lei fosse la vera imputata”: un’azione che il legale già all’epoca aveva descritto con queste parole: "Ci sarebbe solo da vergognarsi".
a.col.