REDAZIONE RAVENNA

"Moglie uccisa, marito capace di intendere"

È quanto emerge dalla perizia sulle condizioni mentali dell’imputato Riccardo Pondi mentre strozzò la consorte 31enne Elisa Bravi

Di sicuro in quel periodo "presentava un quadro di sofferenza psichica" legato a un momento di depressione e complicato dalla "forte sintomatologia ansiosa". Ma tutto questo non intaccava la sua capacità di "discernere i dati della realtà, valutarli e scegliere le condotte più idonee per i fini prefissati". In poche parole, il 40enne Riccardo Pondi "era capace di intendere e volere" quando nella notte tra il 18 e il 19 dicembre 2019 nella camera da letto della loro villetta di Glorie di Bagnacavallo, al culmine di una lite domestica uccise la moglie 31enne Elisa Bravi. Lo psichiatra e psicoterapeuta cesenate Michele Sanza, incaricato dalla corte d’assise di Ravenna per fare luce sulle condizioni mentali dell’imputato, ha concluso le sue oltre sessanta pagine di relazione precisando che l’ipotesi di un delitto fondato sulla psicopatologia è "destituita di ogni fondamento".

A spingere la corte verso un vaglio psichiatrico – come peraltro a suo tempo ventilato anche dal gip che aveva convalidato l’arresto del 40enne –, erano stati i contenuti delle prime testimonianze circa segni di forte disagio manifestati dall’uomo a ridosso del delitto.

Nelle parole del perito del tribunale, si fa ora largo la storia di una gelosia ossessiva culminata in attacchi di panico e non quella di una patologia delirante e irrefrenabile: La differenza – ha spiegato l’esperto citando studi specifici – non sta nell’errore di giudizio ma nella sua costruzione attraverso un procedimento falsato. Il fatto che Pondi credesse ad esempio di essere stato intossicato dal monossido, non costituisce delirio primario ma "la rappresentazione del vissuto catastrofico dell’attacco di panico". Il contesto era stato offerto da una "fase molto critica della vita di coppia" con una origine ben precisa a cui era seguita una "deriva senza ritorno": 29 ottobre 2019. Sì, perché quel giorno Pondi aveva ricevuto una chiamata da una amica la quale lo avvertiva di avere visto la moglie nei pressi di un ristorante di Ravenna assieme al suo datore di lavoro. A sera lui aveva chiesto spiegazioni a Elisa: ma lei aveva negato riconducendo tutto a uno scambio di persona.

Da lì era partita la raffica di richieste di spiegazioni presto trasformatasi in "un vero e proprio tormento". Tanto che la consorte alla fine era capitolata chiedendo scusa. Tutto era però cambiato: d’ora in avanti "avrebbe potuti fidarsi della sua parola?". Ormai lui aveva assunto un "atteggiamento ossessionante" segnato da "continue e insistenti richieste di chiarimenti": così accadeva quando di sera lui rincasava dal corso che stava seguendo a Bologna per entrare nei vigili del fuoco; e così accadeva di giorno durante "telefonate assillanti". Il rapporto si stava ormai deteriorando: all’"atteggiamento inquisitorio" di lui, lei aveva cominciato a reagire dicendogli che non stava bene, che avrebbe dovuto farsi curare peraltro menzionando il trattamento sanitario obbligatorio (tso). Ora Elisa era una "donna esasperata da discussioni lunghe, sempre uguali a se stesse e soprattutto prive di ogni sbocco". Ma non "si trattava solo del timore di un tradimento": lui credeva che lei stesse per andarsene con le figlie tanto che era giunto a fare una visura catastale scoprendo che in effetti c’era un immobile a Ravenna intestato sotto quel nome (ironia del destino, era un’omonimia). Di fatto "i sintomi di tipo somatici", vedi tachicardia e affanno, avevano finito con il completare un "quadro depressivo" chiaro senza però che vi fosse "nessuna specifica condizione patologica nel quadro di personalità". Ed eccoci giunti all’ultimo litigio, quello culminato nel delitto, quando "la carica aggressiva ha fatto leva su uno stato emotivo molto intenso".

Presto di nuovo tutte le parti torneranno in aula per confrontarsi su questi temi anche con l’ausilio delle consulenze di parte. A cominciare dagli avvocati difensori Ermanno Cicognani e Francesco Manetti i quali hanno affidato i loro commenti a una dichiarazione congiunta: "Le conclusioni sono chiare, ma sono l’esito di un percorso fatto di tanti elementi e passaggi. Vedremo se ognuno di questi è stato correttamente individuato e valutato".

Andrea Colombari