REDAZIONE RAVENNA

Moglie uccisa a bastonate: le deposizioni choc del fratello e dell’amica del cuore

Nelle deposizioni fiume, la crisi della coppia e le palpitanti ricerche della donna prima del ritrovamento del cadavere L’imputato, il dermatologo Matteo Cagnoni, è stato richiamato dal giudice per il suo comportamento in aula

MATTEO CAGNONI Terza udienza per il 52enne accusato di uxoricidio

Ravenna, 3 novembre 2017 – Prima il fratello della vittima, che ha descritto le palpitanti ricerche della donna fino al ritrovamento del suo cadavere in una villa di famiglia da tempo disabitata di via padre Genocchi che l’imputato chiamava ‘casa dei morti’. E poi l’amica del cuore, che ha raccontato della china di quella coppia e di quegli antidepressivi trovati in abbondanza a casa di lei e che, per sua confidenza, prendeva costretta dal marito.

Con la terza udienza, è entrato nel vivo il processo che in Corte d’Assise vede il 52enne dermatologo Matteo Cagnoni alla sbarra con l’accusa di avere ucciso il 16 settembre 2016 a bastonate in testa la moglie, la 39enne Giulia Ballestri, perché non accettava che lei avesse intrapreso da mesi un’altra relazione. E proprio il nuovo compagno avrebbe dovuto essere sentito nel tardo pomeriggio: ma le due testimonianze prima di lui si sono protratte oltre le previsioni. E così verrà ascoltato venerdì prossimo.

Davanti a un’aula mai così gremita, Guido, il fratello di Giulia, in maniera composta e con la voce alle volte spezzata dalla commozione, ha cercato di mettere in fila tutti gli avvenimenti che hanno portato a ritrovare la sorella ormai priva di vita nella legnaia della villa. Mentre parlava, Cagnoni, seduto a pochi metri da lui, è stato pure richiamato dal giudice Corrado Schiaretti, presidente della corte, per alcune reazioni non composte.

Dalla deposizioni del fratello e anche dell’amica Elisabetta, è uscito il quadro di una coppia arrivata ormai al termine, dopo 12 anni e tre figli, nonostante l’immagine di serenità forzatamente proiettata all’esterno per volontà – sempre secondo i testi – dell’imputato che temeva molto il giudizio della sua città, Ravenna.