Non è semplice arrivare ad accertare un caso di mobbing. Come ha precisato il giudice Dario Bernardi nella sentenza con cui giovedì ha condannato ’Mobili Dondi srl’ a risarcire una sua ex venditrice di salotti del punto vendita di Faenza, occorre che il datore abbia "continuamente e per un lungo periodo posto in essere condotte lesive della dignità, della buona creanza nei rapporti umani e delle regole contrattuali".
E se nel nostro caso ciò è stato "provato per tabulas", senza cioè ombra di dubbio, è stato soprattutto per via delle mole di "evidenze documentali" provenienti dall’azienda stessa: le mail, ora agli atti, con le quali "il titolare sferza continuamente il personale con insulti, provocazioni minacce di sanzioni disciplinari e di licenziamento" e cioè "chiusura negozi".
"La situazione è tragica - si legge nella mail del 5 luglio 2017 - lavorando senza metodo vi state rendendo ridicoli, in più avete uno scontrino da commessi da Coop, altroché venditori!!!". L’11 agosto successivo il tono è analogo: "(...) Cucinieri completamente rincoglioniti sulle vendite di salotti...poi verrò personalmente a prendere a calci in culo che non vende salotti! Ora, evitate le solite polemiche del cazzo...sulla mia email, intanto non serve a nulla la vostra lamentela e mettetevi a lavorare seriamente!".
Qualcuno forse non è più contento di quel clima di lavoro. Di fatto la mail del 12 luglio 2018 è esplicita: "Non ne posso più di gente che si lamenta e spesso sputa nel piatto dove mangia! Perché, se non condividono le politiche aziendali, non si tolgono dalle palle? Chiedo a chi di voi è propositivo e condivide i miei obbiettivi di isolare questi lamentosi (...). Che oltre a vivere male la loro misera vita, rischiano di minare negativamente la nostra". Otto giorni dopo il clima appare ulteriormente arroventato: "(...) A tutti i venditori, avete rotto le palle. Fatevi qualche domanda invece di dire una marea di stronzate! Siete stati formati ed è evidente dagli errori che siete superficiali...(...)". Il 15 gennaio 2020 è il tema ’finanziamenti’ a scatenare la virulenza epistolare: "Invito i caponegozi ad agire immediatamente a calci in culo con tutti i venditori in rosso".
Ma le frizioni epistolari più acute, iniziano a serpeggiare con la pandemia da covid19. In particolare quando alcuni lavoratori, compresa la ricorrente, revocano la propria disponibilità a una trasferta all’estero di inizio marzo 2020 finendo per essere sbeffeggiati davanti ai colleghi. Mail del 27 febbraio 2020: "I paurosi rimangono a casa", con in rosso il nome di chi non avrebbe partecipato. A cui poi si aggiunge un ulteriore contributo che il giudice definisce "sempre di umiliazione": "Questa psicosi da Coronavirus (...) sta velocemente causando danni economici...le borse sono in calo...tutto per la totale D-I-S-I-N-F-O-R-M-A-Z-I-O-N-E che i media stanno portando avanti". Segue raffronto con il Brasile dove i medici avrebbero definito il covid solo "una brutta influenza" capace di interessare solo ultraottantenni o malati oncologici. "(...) questo viaggio avrebbe potuto darvi molto da imparare. (...). O forse vi sentite già dei venditori perfetti? Perché se così fosse mi spiace informarvi che i dati di vendita dimostrano fatti nettamente opposti".
I toni non sembrano mutare nemmeno durante la sospensione dal lavoro per cassa integrazione covid: "(...) non so chi di voi sarà licenziato, ci sarà una rivoluzione del personale; vi aspetteranno tempi terribili, cambi di funzione, giorni di riposo saltati, ferie che non esistono; sono certo, dopo qualche telefonata con alcuni di voi, che abbiate i cervelli spenti; un fallimento molto probabile; come io cucino la sera, pulitevi il negozio senza lamentarvi e senza rompere i coglioni; sono preoccupato non tanto per il virus ma per il vostro stato mentale; (...) ho visto che una percentuale esagerata ha il cervello spento e i più fortunati hanno il cervello in stand by".