Ravenna, 18 ettembre 2019 - Ci aveva già provato in mille maniere, ma ogni volta la sua richiesta di arresti domiciliari se l’era vista rispedire al mittente. Matteo Cagnoni è stato condannato in primo grado all’ergastolo (VIDEO) per l’omicidio – tre anni fa – della moglie Giulia Ballestri. Ora, a sette giorni dal processo d’appello, l'ex dermatologo gioca nuovamente questa carta, cambiando però il luogo di eventuale destinazione come alternativa al carcere di via Port’Aurea: non più casa sua, ma una struttura di cura, Villa Azzurra sulle colline di Brisighella. Motivo, le sue condizioni psicofisiche si sono aggravate e in questo stato non sarebbe in grado di difendersi adeguatamente.
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Il suo legale, l’avvocato Gabriele Bordoni, ha presentato la richiesta ai giudici della Corte d’assise d’appello di Bologna, che hanno cinque giorni per decidere. Ad oggi l’imputato, secondo la difesa, manifesterebbe uno stato di decadimento grave e crescente, sul quale avrebbero inciso accadimenti come la perdita di potestà genitoriale e la scomparsa dello zio Giorgio, cui era molto legato. In questo contesto di disagio e dolore la cartella clinica del carcere attesterebbe che l’uso degli psicofarmaci è aumentato, i disturbi psichici e nervosi si manifestano con maggiore frequenza.
In ragione di ciò Cagnoni viene tenuto sotto stretta sorveglianza medica, «anche a tutela della sua incolumità». Un quadro, insomma, che sarebbe notevolmente peggiorato rispetto alle valutazioni di due anni fa, quando il perito incaricato dal Tribunale delle libertà valutò le sue condizioni compatibili con la detenzione carceraria. Ma in questo stato – sottolinea l’avvocato Bordoni – l’imputato non sarebbe in grado di partecipare al processo in modo attivo, né potrebbe efficacemente rendere interrogatorio o spontanee dichiarazioni. Quanto, insomma, pregiudicherebbe il suo «esercizio inviolabile del diritto di difesa». Da qui la richiesta di trasferimento, con braccialetto elettronico, nella clinica Villa Azzurra, che si è detta disponibile a riceverlo.
Di tutt’altro tenore le tesi riportate nella memoria presentata dal legale della famiglia Ballestri, l’avvocato Giovanni Scudellari, che ritiene «infondata la richiesta» di domiciliari e rispolvera un concetto usato per confutare analoghe richieste di Matteo Cagnoni: «L’afflizione della detenzione produce implicitamente una sofferenza, che non è eliminabile ma solo accettabile». Mentre nella stessa istanza difensiva si dà atto che «l’imputato ha sempre ricevuto un adeguato ed efficace trattamento delle patologie di cui soffre, e sin dal primo giorno di carcere è stato preso in carico da personale medico e sottoposto a trattamenti psicoterapeutici, ricevendo ogni cura necessaria».