Marzeno devastata: "Non sappiamo quanti di noi potranno tornare a vivere qui"

È questo il luogo più colpito dell’Appennino faentino: qui si sono sfogate le acque arrivate da Modigliana.

Marzeno devastata: "Non sappiamo  quanti di noi potranno tornare a vivere qui"

È questo il luogo più colpito dell’Appennino faentino: qui si sono sfogate le acque arrivate da Modigliana.

"Peggio che nel 2023". Gli abitanti di Marzeno, frazione che sorge sull’omonimo torrente, parte del territorio del comune di Brisighella, hanno visto le loro vite attraversate da un cataclisma peggiore di quello dello scorso maggio. E’ questo il luogo più devastato dell’Appennino faentino: qui si sono sfogate le acque arrivate da Modigliana, e con loro gli alberi sradicati e il contenuto delle case degli abitanti della montagna, ammucchiatisi sotto il ponte che attraversa il torrente, diventato una colossale diga di fango, legna e plastica. Lo sbarramento non ha fermato la violenza delle acque, che hanno scavato il ponte ai lati, divorando addirittura l’angolo di un fabbricato e la pavimentazione che circondava varie abitazioni. Quelle accatastate sul fondo del torrente non sono pietre ricoperte di fango, ma mattoni e piastrelle che fino a due giorni fa cingevano case ora pericolosamente in equilibrio su quello che è il nuovo alveo del fiume. Il torrente Marzeno si è preso gli spazi di cui aveva bisogno, senza chiedere: appare difficile che le case più vicine al fiume possano avere di qui a breve il via libera che consentirà il ritorno degli abitanti. Il piccolo borgo, sfollato di circa cento suoi residenti, appare irriconoscibile: "Durante la piena varie auto e diversi cassonetti sono stati spinti via dalle acque", racconta Marco Venturelli, indaffarato a rimuovere il fango dalla casa di famiglia, dove perfino la ringhiera perimetrale del cortile è stata abbattuta. Dalla melma emerge una delle sue testuggini: è sopravvissuta in mezzo ai detriti. "Non è l’unica, se ne sono salvate anche altre". Tutto intorno si sono ricreate le scene del 2023, con l’intera popolazione dell’abitato intenta a spalare fango dalle abitazioni e a pulire le strade per renderle di nuovo attraversabili.

In questo borgo che sorge sulle pendici del colle della Pietramora, all’ombra della sua rocca millenaria, il tempo sembra scaduto: "Non sappiamo quanti di noi potranno tornare davvero a vivere qui", mormorano i residenti. La piena che nella notte fra mercoledì e ieri è calata da Modigliana per poi abbattersi su Faenza ha come dato vita in autonomia a quelle aree allagabili che le amministrazioni sono ancora in attesa di sapere se potranno realizzare oppure no: una di queste sorge poco a sud della frazione di San Martino, nelle prime campagne di Faenza, sempre lungo il Marzeno. La piantagione di alberi di paw paw che costeggia la modiglianese è diventato per l’ennesima volta un enorme mare interno, ampio più di mezzo chilometro quadrato. Il lembo nord del bacino tocca l’abitato di San Martino: le acque hanno invaso il caseggiato del vecchio Mulino Isola, e allagato per intero il campo di allenamento del tiro al piattello che un anno fa era diventato un quartier generale dei soccorritori.

Alcuni di loro sono già piombati qui dalle altre regioni: Paride Maccarinelli si è precipitato a Faenza con il suo camion fin da Lumezzane. "Sono arrivato appena ho potuto". Nel 2023 trascorse a Faenza vari mesi capitanando il suo esercito di volontari: muratori, idraulici, carpentieri entrati in azione in centinaia di abitazioni. "Siamo di nuovo al punto di partenza", mormora sconsolato. E’ la prima volta che i suoi volontari lo vedono abbattersi: "Qui è tutto di nuovo come l’anno scorso".

Filippo Donati