
Tra le accuse c’è la gestione del cibo. Per l’accusa venivano preparati pasti scarsi e inadeguati (repertorio)
Marina di Ravenna, 20 marzo 2025 – A guardare l’insegna, sembrava un posto sereno e accogliente. “La Bella Vita” – così si chiamava la casa di riposo di Marina di Ravenna – lasciava immaginare un ambiente tranquillo, dove gli anziani potessero vivere con dignità e cura. Ma dietro quella facciata si celava, secondo la Procura, una realtà ben diversa: minacce, vessazioni e maltrattamenti, tanto da portare al rinvio a giudizio della legale rappresentante della struttura, una 59enne di nazionalità serba, difesa dall’avvocato Lara Piva, e di una dipendente rumena di 50 anni (avvocato Stefano Trane).
Le due donne sono accusate, in concorso, di maltrattamenti aggravati ai danni di alcuni ospiti della struttura di viale delle Nazioni (oggi chiusa), che avrebbero subito condotte umilianti e violente. L’inchiesta della Polizia locale di Ravenna ha fatto emergere una serie di episodi inquietanti, accaduti tra luglio 2022 e agosto 2023. Tra le accuse più sconcertanti c’è la gestione del cibo. La legale rappresentante avrebbe preparato pasti scarsi e inadeguati, tanto che, se qualcuno osava lamentarsi, la punizione era pronta: il menù diventava ancora più misero. Würstel come unico pasto, un’idea che di certo non si addice a chi ha bisogno di un’alimentazione bilanciata.
Non solo. Chi osava lamentarsi rischiava insulti e minacce. In alcuni casi, la violenza sarebbe diventata fisica. La dipendente, secondo le accuse, avrebbe colpito un anziano con il manico del mocio lavapavimenti solo perché era entrato nel bagno mentre lei si faceva la doccia. Un altro ospite, ultraottantenne, sarebbe stato strattonato e poi addirittura spinto con la faccia nel piatto per aver criticato il pasto.
Una donna classe 1924, ora deceduta, avrebbe invece subito percosse con una ciabatta sulle mani e sulle gambe quando si rifiutava di mangiare. Secondo quanto emerso dall’indagine, la legale rappresentante avrebbe in più occasioni evitato di chiamare il 118 per non far emergere i problemi della struttura. “Lascia stare, gli anziani si lamentano ma non hanno nulla”, avrebbe detto alle dipendenti per scoraggiare le richieste di soccorso. Il timore era che troppe chiamate potessero attirare l’attenzione e compromettere la reputazione della casa di riposo.
A scoperchiare il vaso di Pandora furono le indagini, su questa e un’altra casa di riposo di Ponte Nuovo, della Polizia locale, arricchite dopo la segnalazione della dipendente imputata, che lamentava mancati pagamenti: gli accertamenti conseguenti hanno svelato ben altri retroscena. Un’altra collaboratrice, una 58enne di Ravenna, difesa dall’avvocato Luigi Berardi, è finita sotto accusa per esercizio abusivo della professione in concorso con la responsabile in quanto, pur essendo operatrice socio-sanitaria, avrebbe somministrato farmaci agli ospiti senza averne titolo. La sua posizione è stata stralciata e il gup Andrea Galanti le ha concesso la “messa alla prova”. Nessuna delle cinque vittime si è costituita parte civile.