Ravenna, 15 luglio 2023 – Questa è una storia emblematica, almeno secondo quanto fin qui ipotizzato dall’accusa, su come talvolta con le migliori intenzioni si possano arrecare i peggiori danni. Addirittura contrari ai buoni propositi iniziali. Qui per esempio i quattro attivisti che in buona fede si erano adoperati per salvare alcuni animali a rischio affogamento a causa dell’alluvione di fine maggio, si sono ritrovati indagati oltre che per violazione di domicilio, anche per uccisione di alcuni animali custoditi in un allevamento di suini di Villanova di Bagnacavallo.
A seguito della denuncia del legale rappresentante dell’azienda coinvolta (Martini, sede legale a Longiano), appare quasi un atto dovuto il fatto che il pm Angela Scorza, di turno in quei giorni, aprisse un fascicolo. Per ricostruire cosa è successo, torniamo indietro di qualche settimana. Esattamente fino al 21 maggio. Da qualche giorno a causa delle piogge eccezionali, della rottura di diverse arginature e della esondazione di vari canali, sott’acqua ci erano finite vaste porzioni di territorio, aziende incluse. Il che significa non solo macchinari ma anche - e soprattutto - animali. Animali spesso rimasti intrappolati dentro alle strutture murarie. O incapaci di nuotare troppo a lungo. Una morte terribile insomma contro la quale nemmeno i responsabili delle attività - sovente impossibilitati a raggiungere le aziende a causa delle strade interrotte - avevano potuto porre freno. Protezione civile ed esercito erano ovviamente concentrati nella prima fase a salvare vite. E così, soprattutto nel mondo del volontariato animalista, c’erano stati gruppi - taluni molto ben organizzati, altri decisamente più estemporanei - che si erano attivati, in molti casi con successo salvando asini, capre, galline, cani. gatti e molto altro ancora.
Ed eccoci giunti all’allevamento di Villanova. Diverse centinaia di bestiole si trovavano all’interno con l’acqua ormai ovunque. Alcuni tra i più piccoli erano inevitabilmente annegati. Gli appelli sul web si erano moltiplicati. A un certo punto almeno quattro attivisti avevano deciso di intervenire e di aprire un ingresso dell’allevamento per agevolare l’uscita dei suini. E magari avranno pensato che fosse la cosa migliore da fare: che tutti i maiali si sarebbero allontanati mettendosi in salvo da soli. Ma il piazzale coincideva con un’area un po’ più depressa del territorio circostante. Cioè il livello dell’acqua qui accumulatosi, era maggiore.
Ecco che allora le bestiole che avevano raggiunto questa zona, erano andate in affanno. Qualcuna era pure deceduta. Sul web, di quei momenti era stato caricato un video - rimosso ma ora agli atti - nel quale in sintesi si vede un attivista che solleva un maiale e lo appoggia su un pallet galleggiante: ma quando il suino tocca la struttura, questa si sbilancia proiettandolo nuovamente in acqua. Per salvare quegli animali, occorreva cioè un’azione pianificata con mezzi per traghettarli al sicuro, come poi accaduto.
In generale aprire le gabbie non è mai una buona idea. Lo sanno bene ad esempio quelli che in passato liberavano i furetti dagli allevamenti salvo poi ritrovarsi non solo con una strage di animali sulle strade limitrofe: ma con diversi piccoli animali domestici a loro volta uccisi dai furetti affamati in fuga.