Il figlio minorenne, ascoltato in un contesto protetto, aveva parlato di botte anche con un calzascarpe, lunghe notti in cui era andato a letto tardi perché costretto a ricopiare i compiti più volte, insulti. Ieri in aula la madre, una ultra-trentenne di Faenza, ha negato tutto, aggiungendo che il figlio sarebbe stato indotto dall’ex marito a muoverle accuse pesanti: "Mi fa supporre che a monte ci sia stata una manipolazione molto pesante".
La donna è a processo per maltrattamenti verso il figlio – oggi adolescente – per fatti che sarebbero avvenuti da quando quest’ultimo aveva 7 anni. Tutto è partito con due denunce dell’ex marito per maltrattamenti e sottrazione di minore, finite la prima con un’assoluzione perché "il fatto non sussiste" e l’altra con un’archiviazione. Ieri, davanti al collegio penale del tribunale di Ravenna con i giudici Piervittorio Farinella (presidente), Natalia Finzi e Cosimo Pedullà, sono stati sentiti diversi testimoni: oltre all’imputata anche i genitori di quest’ultima, un’insegnante della scuola frequentata dal minore, un’assistente sociale e una dottoressa in servizio quando avvennero i fatti. A interrogarli c’erano il pm Stefano Stargiotti, l’avvocato della difesa Antonio Gambetti e Andrea Visani, legale dell’ex marito che si è costituito parte civile. È stato così ricostruito il contesto: una separazione conflittuale tra i genitori per la quale il nucleo era già seguito dai servizi sociali e l’episodio culminante dopo il quale il minore ha interrotto i rapporti con la madre, che non vede da oltre 3 anni.
L’assistente sociale ha riferito del rifiuto della donna a partecipare a colloqui protetti: "Il ragazzo non desiderava incontrare la mamma – ha detto –. Il servizio ha fatto molti tentativi con la mamma per creare le condizioni per riprendere i contatti, ma la mamma non ha accettato gli incontri protetti", ma "diceva che aveva degli appuntamenti, a volte non rispondeva alle mail o diceva di non voler venire". L’imputata ha negato: "Non è vero. In uno dei primi colloqui ebbi da dire con l’assistente sociale perché era partita in quarta con gli incontri protetti e io non li ritenevo giusti, in quanto non colpevole. Poi mi sono resa disponibile, ma i servizi sociali hanno sempre ribadito di non farli". La donna ha poi riferito di essere stata insultata e picchiata dal figlio che "emulava i comportamenti del padre" e in merito alle accuse mosse dal ragazzino nei suoi confronti ha detto: "Probabilmente il padre gli ha detto che quello era l’unico modo perché potesse andare a vivere da lui". A questo proposito "da settembre 2020 il comportamento di mio figlio era drasticamente peggiorato, fino a situazioni ingestibili con crisi di rabbia, calci, pugni e insulti".