ANDREA COLOMBARI
Cronaca

Macellaio morto, per la Procura non fu suicidio: ex vigile indagato per omicidio volontario

Il caso della morte del 64enne, trovato impiccato nel 2019, si era concluso con una condanna per usura all’ex agente Valgimigli. Ora su quest’ultimo pende un’accusa ben più grave, in concorso con un cittadino albanese che vive a Faenza .

Macellaio morto, per la Procura non fu suicidio: ex vigile indagato per omicidio volontario

Faenza, 22 febbraio 2023 – La polizia era partita da ciò che in quel momento era stato inquadrato come il suicidio di uno dei due titolari di una blasonata macelleria del centro di Faenza, ormai definitivamente provato dai debiti. L’uomo, il 64enne Domenico Montanari, era stato trovato impiccato attorno all’alba del 25 luglio 2019, un giovedì.

E nelle ipotesi degli inquirenti, al reato delineato in prima battuta – l’istigazione al suicidio – aveva prevalso la morte come conseguenza di altro reato, cioè l’usura. Il colpo di scena è storia di queste ore: a due persone è stato notificato un avviso di garanzia per omicidio volontario in concorso. Si tratta di un cittadino albanese domiciliato nella città manfreda e di un ex vigile urbano del posto, il 53enne Gian Carlo Valgimigli già noto alle cronache per via di pregresse vicende che gli erano costate il licenziamento. I due, difesi dagli avvocati Luca Donelli e Gabriele Bordoni, sono stati formalmente indagati lunedì scorso in ragione della consulenza tecnica che il pm titolare del fascicolo Angela Scorza ha disposto su apparecchi elettronici sequestrati dalla polizia, compreso un telefonino nelle mani degli inquirenti dal 2019 e del quale l’ex vigile non aveva fornito la password. Il cellulare era dunque rimasto in deposito nell’impossibilità di essere analizzato. Ma ora, con le nuove tecnologie a disposizione, è possibile che gli inquirenti confidino in una sua completa analisi.

Al momento non è chiaro cosa abbia dato nuova linfa al caso né cosa gli investigatori della squadra Mobile stiano cercando visto che questa parte dell’indagine non è ancora stata disvelata ai diretti interessati. Tuttavia, alla luce della tipologia del materiale sequestrato, è lecito supporre che la ricerca si stia canalizzando verso messaggi o comunque verso chat o conversazioni potenzialmente in grado di fornire elementi sulle ultime ore di vita del macellaio. Al riguardo, il legale dell’ex vigile ha in buona sostanza fatto inserire a verbale una circostanza precisa: ovvero per il decesso del 64enne, il suo cliente è già stato processato e condannato con condanna passata in giudicato.

Il riferimento giuridico è alla locuzione latina ’ne bis in idem’, cioè non due volte per la stessa cosa. Il che, se riscontrato, impedirebbe una replicazione del procedimento. Naturalmente la procura è giunta a interpretazione completamente differente: da qui, la clamorosa riapertura del caso.

Torniamo dunque a quel 25 di luglio di quattro anni fa. Al loro arrivo, gli inquirenti avevano recuperato alcuni bigliettini manoscritti nei quali il defunto aveva fatto diretto riferimento proprio all’ex vigile. Da quelle carte, era stata via via ricostruita una fitta trama di prestiti e assegni. La magistratura era arrivata a ipotizzare che il 53enne si facesse cambiare dal macellaio sia i propri assegni che quelli compilati da altre persone tra suoi debitori o addirittura di terzi. Dopotutto al momento del suicidio, l’ammanco di cassa era stato stimato in circa 130mila euro: come tale per gli investigatori non giustificabile dal solo cambio degli assegni emessi dall’ex vigile, in totale 27 in 16 mesi a favore della macelleria. Per farlo rientrare dai debiti, il 53enne si era anche adoperato in prima persona nella vendita della casa che l’uomo condivideva con la sorella. Tanto che la mattina del ritrovamento del corpo senza vita, lui stesso era andato in macelleria con una proposta di acquisto in tasca da parte di una terza persona: 115mila euro di cui 20mila come deposito cauzionale e gli altri 95mila con il rogito.

Al termine delle verifiche, al vigile, oltre alla morte del macellaio come conseguenza dell’usura, erano state contestate anche una maxi-truffa a due anziane gemelle; una truffa a due coniugi che volevano riscuotere il risarcimento assicurativo per un incidente stradale; un’estorsione a un noleggiatore di auto di lusso e una a un collezionista di divise. E proprio sul fronte estorsioni, la magistratura aveva attribuito al 53enne due minacce attraverso dichiarate amicizie albanesi: in un caso aveva fatto menzione a un gruppo di albanesi ingaggiato per spaccar gambe in cambio di 10mila euro: lui però avrebbe potuto intercedere in cambio della stessa cifra. In un altro sarebbe stato pronto a ricorrere ad amici albanesi per menare le mani. Alla fine per lui era arrivata una condanna complessiva a 5 anni e 10 mesi.