
Domenico Montanari fu trovato impiccato all’alba del 25 luglio 2019
Si assiste a un colpo di scena nella vicenda della morte del macellaio 64enne Domenico Montanari. Ieri il giudice per le udienze preliminari, Andrea Galanti, ha disposto il rinvio a giudizio con l’accusa di omicidio aggravato in concorso per il 55enne ex vigile urbano di Faenza, Gian Carlo Valgimigli, e per il 31enne di origine albanese Daniel Mullaliu, fratello dell’allora compagna dell’ex agente. L’iniziale richiesta di archiviazione della Procura era stata respinta da un primo giudice (per le indagini preliminari), Janos Barlotti, che aveva disposto l’imputazione coatta. Ieri il Pm Angela Scorza, che già riteneva non vi fossero elementi sufficienti per arrivare a una previsione di condanna, ha rinnovato la richiesta chiedendo il “non luogo a procedere“, ma il Gup l’ha respinta, disponendo il processo che sarà celebrato in corte d’assise con prima udienza fissata a settembre.
Al momento, il quadro delineato è quello di un omicidio compiuto su un negoziante stanco di pagare gli interessi di prestiti a strozzo e intenzionato a rivolgersi alle forze dell’ordine. Il Montanari era stato trovato impiccato dentro alla macelleria della quale era contitolare. E il medico legale aveva stabilito che si era trattato di "asfissia meccanica" e che non c’erano segni di colluttazione. A ritrovare il cadavere, all’alba del 25 luglio 2019, era stato proprio l’ex vigile urbano. Le indagini avevano rivolto le loro attenzioni su un giro di prestiti a strozzo del vigile al defunto macellaio, che avrebbe fatto indebitare per 300 mila euro a fronte di interessi di 30 mila al mese. Questo scenario investigativo era già approdato a una condanna per morte come conseguenza di altro reato: l’usura appunto. E il caso sembrava chiuso.
Ma a fine 2022 le parole di un pregiudicato avevano fatto decollare l’ipotesi omicidio. L’uomo si trovava nel carcere di Ferrara proprio mentre vi era detenuto pure Gian Carlo Valgimigli, ricevendone un fiume di confidenze sul fatto che quello del macellaio non fu un suicidio ma un omicidio. Tra i possibili dettagli del delitto venuti a galla, figuravano il tipo di corda usata per l’impiccagione, l’orario, il punto di ritrovamento del cadavere, le modalità dell’azione e perfino il movente. A carico dell’ex vigile pesano altre grane giudiziarie, una serie di truffe patteggiate e una condanna a quattro anni e 10 mesi per una estorsione a un concessionario faentino di auto di lusso. La difesa dell’ex vigile, rappresentata dall’avvocato Lorenzo Valgimigli, mette in dubbio il valore probatorio di queste presunte confidenze, indirette e riferite peraltro a due anni di distanza, quindi non si sa con quale interesse. Alcune dichiarazioni sarebbero inoltre discordanti, nelle finalità, come far fare al macellaio la stessa fine del commerciante d’auto, per il quale il proponimento era però ’solo’ di gambizzarlo; vi erano inoltre discrasie sull’orario riferito della morte (prima le 2, poi corretto alle 3.30, in realtà furono stabilite le 4.15), nonché sulle modalità, un presunto incaprettamento a fronte di nessun segno compatibile rinvenuto.
Da ultimo, il macellaio lasciò una serie di lettere, che una perizia ha attribuito al defunto, in cui diceva di essere stanco, non faceva il nome del vigile e lasciava posizioni creditorie agli eredi. "Siamo del tutto sereni – commenta il legale difensore, avvocato Lorenzo Valgimigli –, il dibattimento chiarirà l’inverosimiglianza di questa storia, alla luce degli accertamenti scientifici e delle lettere lasciate dal Montanari". Ancora da decifrare il ruolo che avrebbe avuto il presunto complice albanese, difeso dall’avvocato Luca Donelli.
Lorenzo Priviato