PAOLO CASADIO
Cronaca

Ma per re Carlo nemmeno un assaggio di cappelletti?

Sinceramente, pensavo che la pur breve visita di Re Carlo avrebbe avuto anche una parentesi gastronomica. Ció, vieni dal Regno...

Sinceramente, pensavo che la pur breve visita di Re Carlo avrebbe avuto anche una parentesi gastronomica. Ció, vieni dal Regno Unito, metti pure gli appuntamenti, le visite, gli incontri istituzionali, ma dovrai pure assaggiare questa terra? Sapendo l’indole reale al risparmio, al riuso, all’essenziale, mica un banchetto pantagruelico, mo no, ma ci vorrai mettere un piatto di cappelletti all’uso di Romagna nel suo bel brodo di cappone? E magari a seguire un po’ di carne ai ferri, magari una pancettina, due ditali di salsiccia, un taglio di castrato? Un contorno di patate arrosto col suo aglio e rosmarino? Un bicchiere di sangiovese? Così, per essenzialità romagnola, pane al pane, anzi, piada alla piada. Il Re è vegetariano? Allora una bella fondina di sbrofabérba, poi cardi gobbi di Cervia, scalogno di Riolo, squacquerone di Cesena, cosa vuoi mai? E a finire, immancabile, la “sópa inglēşa”, la zuppa inglese.

E invece scopro che avrà solo una pausa caffè. Che cosa sarebbe una pausa caffè, francamente l’ignoro: certo non quella pausa di pochi minuti che tutti ci concediamo davanti a una triste macchinetta o, i più fortunati, al bar. E va bene, vada per la pausa caffè, e non nascondo la mia delusione. Però vediamo di rimediare. Gli vogliamo proporre due zucarini, un bicchierino di foletto, magari anche uno d’erba luigia? Oppure un’albana passita? E poi, certo, una zuppa inglese? Perché dovrà conoscere e assaggiare questa prelibatezza, questo autentico tiramisù che è il migliore del mondo la cui origine noi ascriviamo all’Inghilterra, e magari così si sente più a casa e s’incuriosisce sulla sua origine. C’è chi racconta esser stato il dessert preparato secondo i dettami di Lord Byron nei suoi soggiorni ravennati, e quindi la “zuppa dell’inglese” poi contratto in “zuppa inglese”. C’è chi rivendica le sue origini fiorentine, dove le servette delle famiglie patrizie raccoglievano i biscotti rimasti dalla consuetudine “inglese” di prendere il tè con le amiche, riciclandoli poi, inzuppati di alchermes, nella preparazione del dolce. C’è chi la fa nascere a Ferrara, nel XVI secolo, come rielaborazione del trifle inglese; c’è chi ascrive all’utilizzo originale del rhum, liquore tipicamente inglese, la sua attribuzione geografica che, durante il ventennio fascista, dovette cambiar nome in “zuppa impero”. Comunque sia, a tavola non s’invecchia, e quindi buona pausa al re.