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Cronaca

L’ultimo Neanderthal. Perché si è estinto? Una ricerca globale darà tutte le risposte

Le Università di Bologna (campus di Ravenna), Siena e Haifa condurranno un nuovo progetto finanziato con 13 milioni di euro. A lavorare saranno trenta archeologici da tutto il mondo

L’ultimo Neanderthal. Perché si è estinto?. Una ricerca globale darà tutte le risposte

Ravenna, 31 ottobre 2023 – Sarà uno dei più grandi studi di sempre sull’Uomo di Neanderthal quello che è valso all’Università di Bologna il suo primo Synergy Grant da parte del Consiglio europeo delle ricerche. Tredici milioni di euro l’ammontare del finanziamento volto appunto a mettere in campo una ricerca in sinergia fra i mondi della biologia, dell’archeologia e dell’analisi dei paleoambienti. Lo studio, dal titolo ‘Last Neanderthals’, è volto a fare luce sull’estinzione, 40mila anni fa, della specie umana precedente al sapiens, che per 350mila popolò l’Europa e l’Asia occidentale. Quelli che compaiono sul logo dello studio sono ominidi molto diversi dall’immagine che tutti hanno dei neanderthal: appaiono slanciati, piuttosto simili agli attuali sapiens, e non sono coperti da strati su strati di pelli animali per proteggersi dal freddo.

"Questo perché i neanderthal non abitarono solo la Siberia o l’Europa centrale, ma un areale che si estendeva da Portogallo all’Altai, comprese le zone a clima mite del Mediterraneo – spiega Stefano Benazzi, direttore del Bones Lab al polo ravennate dell’Università di Bologna, uno dei tre ‘principal investigator’ del progetto, insieme a Francesco Berna e Omry Barzilai, degli atenei di Siena e Haifa –. Inoltre i neanderthal non erano così distanti dai sapiens: fra 60mila e 50mila anni fa le due specie avevano una cultura materiale pressoché identica. Paradossalmente, quasi tutto ciò che sappiano sui neanderthal deriva da resti trovati alle periferie del loro habitat, in Siberia o in Europa occidentale: ecco perché abbiamo una prateria di potenziali scoperte davanti a noi. Lavoreremo in trenta diversi archeologici, in Europa, Turchia, Israele, Azerbaigian, Iran e Uzbekistan. Fare ricerca in alcuni di questi paesi potrà purtroppo non essere semplice: delle équipe di studiosi locali di quelle nazioni sono comunque già coinvolte nel progetto".

Quali aspetti della vita e della morte dei neanderthal potrebbero riservare sorprese?

"Molti: oggi ad esempio sappiamo che i neanderthal arrivarono a seppellire i defunti, ma è possibile lo facessero solo per fare sì che le carcasse non attraessero animali. Se trovassimo delle sepolture con tanto di corredo ecco che avremmo la prova di come avessero sviluppato un loro culto dei morti".

‘Last Neanderthals’ svelerà molti aspetti anche sui sapiens, cioè gli attuali esseri umani.

"Molte delle caratteristiche che identificano gli europei – i capelli e gli occhi chiari, una certa propensione all’accumulo di grasso corporeo, peluria più abbondante – potrebbero essere lasciti genetici proprio dell’ibridazione coi neanderthal, utili per sopravvivere in climi rigidi. Ma ci concentreremo anche sulla terza principale specie umana del passato, e cioè l’uomo di Denisova: morfologicamente conosciamo pochissimo di lui, eppure nelle popolazioni del Sudest asiatico e della Melanesia ha lasciato un quantitativo di dna che tocca talvolta l’8%: un’enormità. Perché il dna denisoviano ha avuto un simile ‘successo’ evolutivo? Forse per i minori flussi umani in quelle aree del mondo, o perché utile ad alta quota. Saranno le ricerche a risolvere questi e tanti altri quesiti".