Il respiro della Romagna travolta dalla terza alluvione in poco più di un anno ha il ritmo pesante di chi sente il suo tempo esaurirsi, degli ultimi frammenti di sabbia che scivolano nella clessidra. Marzeno, frazione del comune di Brisighella, nell’Appennino ravennate, sorge come tanti borghi romagnoli a poca distanza da una rocca che ha alle spalle mille anni di storia, quella della Pietramora, colle che incombe sul paese con la sua forma rotonda, rassicurante. Eppure anche qui la piena che nella notte fra mercoledì e ieri ha investito l’abitato ha avuto il sapore di un de profundis.
Il torrente omonimo, il Marzeno, si è preso a spallate gli spazi di cui aveva bisogno: la diga formatasi sotto le sue arcate – composta di alberi sradicati ma anche del macabro contenuto delle case allagate degli abitanti di Modigliana, appena più a monte – non ha fermato le acque, che hanno scavato attorno al ponte, divorando pezzi di paese, portando via blocchi di asfalto lunghi vari metri, tonnellate di piastrelle, in qualche caso perfino frammenti di muratura. Alcune abitazioni, a picco su quello che è diventato l’alveo, paiono condannate: fra i residenti sono in molti a scuotere rassegnati la testa.
"L’acqua ha addirittura divelto la palizzata in ferro che circondava la casa – fa notare Marco Venturelli –. Qui non è come nel 2023, è peggio". Alcune vallate più a ovest, a Zattaglia, borgo di case in sasso tra Brisighella e Casola Valsenio, lo sgomento è dipinto sui volti degli ultimi uomini rimasti a presidio del territorio: "Vedete bene quanto le acque, dopo aver sfondato quella briglia, stiano divorando il basamento su cui sorge la strada di fondovalle – indica il comandante dei Carabinieri forestali Stefano Monaldi –. Dobbiamo sperare che la strada rimanga percorribile. Anche perché è l’unica: la provinciale della Valletta è crollata del tutto".
La direttrice diventata un’icona dell’alluvione 2023 – ridotta a un sottile camminamento a servizio degli anziani che abitano in quota – è letteralmente sparita, scivolata trenta metri più in basso in un groviglio di detriti e alberi sradicati. Il conto per ricostruirla già prima ammontava a quattro milioni di euro, oggi ancora più mastodontici e irraggiungibili di ieri. Zattaglia vive le sue giornate più nere: l’acqua del Sintria – normalmente un rigagnolo – ha divorato le murature esterne di alcuni scantinati, lasciando in piedi solo le parti portanti, trasformando alcune abitazioni in vere e proprie palafitte. Quelle franate a valle non sono solo strade, dighe, abitazioni, sono bensì la materia stessa del vivere appenninico romagnolo, la convinzione che fosse possibile respirare panorami mozzafiato, tra calanchi e pievi millenarie, senza rinunciare alle comodità e ai collegamenti dati dall’abitare a pochi chilometri dalla via Emilia. Tanto che a Riolo Terme c’è chi ha deciso di dire basta, come gli abitanti di via Fornace, allagata due volte a maggio 2023, poi di nuovo a novembre, e infine ieri. "Chiediamo di essere delocalizzati altrove una volta per tutte – ribadisce Gianluca Ierpi, residente del quartiere –. Quante altre alluvioni dobbiamo affrontare? Quanti altri sfortunati dovranno succedersi qui? Io e mia moglie abbiamo deciso di spezzare la catena: al ragazzo polacco che ci ha fatto un’offerta di acquisto abbiamo detto no. L’ipotesi che qui potesse arrivare una famiglia con dei bambini ci terrorizzava. Nessuno deve sperimentare quel che è toccato a noi: chi ci amministra deve prendere una decisione".