REDAZIONE RAVENNA

Leo Porcari, la guardia del corpo. Da militare a ’ombra’ di Gardini. Custode di memorie e verità

Si è spento a 86 anni. Fu una figura centrale nella protezione dell’imprenditore fino al giorno in cui, nel 1993, si tolse la vita. Era stato ricoverato dopo una caduta .

Si è spento a 86 anni. Fu una figura centrale nella protezione dell’imprenditore fino al giorno in cui, nel 1993, si tolse la vita. Era stato ricoverato dopo una caduta .

Si è spento a 86 anni. Fu una figura centrale nella protezione dell’imprenditore fino al giorno in cui, nel 1993, si tolse la vita. Era stato ricoverato dopo una caduta .

È morto l’altra notte all’ospedale di Ravenna (dove era ricoverato per i postumi di una grave caduta) Leo Porcari, per lunghi anni responsabile della sicurezza di Raul Gardini e delle sue residenze. Porcari aveva 86 anni. Alle 14,30 di domani, giovedì, sarà aperta la camera ardente presso l’obitorio; seguiranno i funerali nella chiesa di San Severo, a Ponte Nuovo.

Fu lo stesso Raul Gardini, nel 1988, ai vertici del gruppo Ferfin, a chiedere a Leo Porcari di diventare la sua ‘ombra’. E lo fu per cinque anni, fino al tragico colpo di pistola del 23 luglio 1993 con cui Gardini pose fine alla propria esistenza. Laziale d’origine, ex carabiniere, poi ravennate d’adozione, Porcari era entrato in Edison nel 1962 e da fattorino motociclista era poi diventato responsabile della sicurezza dell’ufficio di presidenza della Montedison, la nuova società nata dal ‘matrimonio’ fra Edison e Montecatini: entrato quando presidente era Giorgio Valerio, Porcari ha poi organizzato la sicurezza dei successivi presidenti, vale a dire Campigli, Medici, Schimberni e Cefis e quando Raul Gardini scalò Montedison e ne raggiunse il vertice lo chiamò a sé per la tutela personale e della famiglia. Peraltro era ancora il periodo in cui c’erano doppi rischi: da una parte il sequestro di persona da parte della criminalità comune, dall’altra l’assalto terroristico di stampo brigatista. Raul era solito dire di non aver paura, conscio del fatto che per i terroristi non c’è vigilanza che tenga, ma a lui interessava in primo luogo la tutela dei figli.

"Quella chiamata di Gardini cambiò radicalmente la mia vita, sul finire del 1988 arrivai a Ravenna, il mio ufficio era all’ingresso di palazzo Prandi, in via D’Azeglio. Divenni non solo la sua ‘ombra’, ma anche il suo alter ego, custodivo le sue carte di credito, facevo i pagamenti, in auto rispondevo al telefono di bordo. Ero sempre a un metro da lui, così impararono a conoscermi personaggi del calibro di Romiti, Agnelli, del presidente della Commissione europea Jacques Delors. Anche il presidente Usa Bush padre!" ebbe a dirmi Leo Porcari, diversi anni fa nel corso di una lunga intervista, aggiungendo: "Nei primi anni 60 ero nell’arma dei carabinieri, in servizio in Alto Adige. Era il tempo del terrorismo altoatesino, una notte il mio collega a un metro da me si accese una sigaretta e fu freddato da un cecchino. Decisi che era il caso di cambiare lavoro, ma non avrei mai pensato di arrivare a tanto!"

Dall’indomani della morte di Gardini, Leo Porcari, testimone oculare, l’11 giugno 1991, del ‘licenziamento’ di Gardini dalla cassaforte del gruppo Ferfin, in ogni occasione è stato uno dei più strenui difensori della corretta condotta del ‘Corsaro’: "Lui non ha mai consegnato una lira ai partiti e quando ricevette l’avviso di garanzia voleva essere subito sentito, ma poi si rese conto di non poter avere i documenti necessari alla difesa perché non gli venivano consegnati".

La sera del 22 luglio del 1993 Porcari era a Milano con Gardini: "Volle che tornassi a Ravenna per accompagnare Idina al concerto di Pavarotti che fu poi sospeso per pioggia. Gli telefonai avvertendolo che sarei tornato in nottata da lui a Milano. Mi disse di restare a Ravenna. Poche ore dopo, il colpo di pistola".

Dopo quel 23 luglio di 32 anni fa Leo Porcari avviò un’attività di investigatore privato, poi una decina di anni fa è stato fra i fondatori del nucleo volontari dell’Associazione Nazionale Carabinieri di Ravenna. Scrive il presidente dell’Associazione, Isidoro Mimmi: "Leo ha dedicato la sua vita alla giustizia e alla verità. La sua carriera è stata segnata da un impegno instancabile e una dedizione senza pari, che lo hanno reso un punto di riferimento per molti.

All’interno dell’Associazione, la sua passione per il servizio e la determinazione nel risolvere i casi più complessi hanno lasciato un’impronta indelebile nel cuore di chi lo ha conosciuto. Con la sua scomparsa se ne vanno tanti segreti e storie che hanno caratterizzato la sua vita, ma il suo spirito e il suo esempio rimarranno sempre vivi nei ricordi di familiari, amici e colleghi. Leo ci ha insegnato che la verità è un valore da perseguire con coraggio e integrità".

Carlo Raggi