Una campagna televisiva invita a vaccinarsi contro l’herpes zoster, il cosiddetto fuoco di Sant’Antonio. Un tempo la cura si faceva con la ’segnatura’ da parte del possessore della ‘vertò’, la virtù. Per tre mattine, con entrambi a digiuno, il guaritore toccava la parte malata con le dita, un santino di Sant’Antonio Abate, o un anello, biascicando un’invocazione. Una guaritrice di San Cassiano di Brisighella sosteneva che "e’ fug d’Sânt’Antöni" può essere maschio o femmina e pertanto la segnatura doveva essere fatta da qualcuno dello stesso sesso. Altre pratiche consistevano nell’ungere con sego di bue un melo del campo: se questo moriva, il malato sarebbe guarito perché il male era passato alla pianta.
CronacaLe vecchie cure per il fuoco di Sant’Antonio