Prima la fase in cui va tutto bene: l’idillio, la tranquillità, l’innamoramento. Sembra una relazione normale, e invece poi c’è la seconda parte, il retrogusto amaro e inaccettabile di un rapporto malato: la violenza psicologica, i maltrattamenti e l’arroganza. E poi l’uscita, difficile, da quel circolo: la malinconia e la luce, perché c’è dolore per il passato di sofferenza ma anche speranza per un futuro diverso.
È divisa così in tre parti la mostra collettiva ’Credevano che fosse amore’, inaugurata nei giorni scorsi in vicolo degli Ariani 4/A: si tratta di un progetto del gruppo ’Una panchina per Elisa’ nato in ricordo della giovane Elisa Bravi, uccisa dal marito a 31 anni nel 2019. L’esposizione è visitabile fino al 5 dicembre dalle 16 alle 19, aperta tutti i giorni con ingresso gratuito.
Hanno aderito all’appello delle organizzatrici ben 64 artisti da tutta Italia: ben 11 di loro, ad esempio, vivono a Torino. Ognuno ha realizzato, seguendo le misure indicate dalle organizzatrici, un quadro contro il femminicidio e la violenza di genere che rappresenta una delle tre fasi del rapporto malato.
All’inaugurazione della mostra, nei giorni scorsi, ha preso parte anche l’assessora alle Politiche e alla Cultura di genere Federica Moschini.