
È stata la curatrice Alessandra Carini, sabato alle 18, a guidare il pubblico attraverso il lascito dantesco presente ancora oggi nell’arte contemporanea, evocato nella mostra ’Dante: visioni del contemporaneo’, in corso a Santa Maria dell’Angelo, a cura anche di Giovanni Gardini e Marco Miccoli. Fra le opere esposte la figura femminile è uno dei trait d’union, a partire dallo sguardo della Santa Lucia di Sara Vasini – qui mosaicista e calligrafa – che emerge da una custodia per occhiali come da uno scrigno, con la potenza dei tratti delle tessere dell’arte bizantina ravennate, qui riprodotte a partire da conchiglie dello spessore di pochi millimetri.
Nella vista della santa accecata, cui Dante si consegna nel Paradiso, occorre riporre una fiducia incondizionata, così come nel lavoro della stessa Vasini, che nei centodiciotto fogli di ’Quella materia ond’io son fatto scriba’ ha riprodotto a mano l’intero Paradiso, sovrapponendo lettere e parole fino a renderle inconoscibili. Quasi come in un’inversione materica, sull’altro lato della chiesa la ravennate Lucia Nanni Bubilda si è affidata al filo per tessere su stoffa le figure che scandiscono il viaggio di Dante: innanzitutto il lupo, il leone e la lince incontrati nella selva oscura, come pure le arpie che cacciarono i troiani dalle Strofadi. Mentre Patrizia Novello ha consacrato le sue installazioni alla costruzione matematica della Divina Commedia, secondo il ripetersi dei numeri 3 e 11, Bubilda opera senza abbozzi su tela o disegni preparatori, all’insegna del puro movimento. Ma Dante è anche membra, nerbo e carne viva: all’ingresso della mostra i visitatori sono accolti dalle fauci del ’Cerbero’ di Alessandro Turroni, composto di terra, ossa e teschi, mentre l’altare della chiesa è ricoperto dai volti straziati dipinti sulla tela di dieci metri a firma di ’?Collettivo’, realizzata nel corso di una performance di dieci ore. Qualche metro più in là sembrano galleggiare a mezz’aria gli intrichi vegetali dell’argentino Oscar Dominguez, che con ’Detrás de los cielos’ prosegue la sua ricerca sulla land art dando vita a due sculture in rami di salice – raccolti sulle sponde del Montone – proiettate verso l’alto come in una tempesta neuronale.
Se l’elemento alla base della sua opera è l’immersione nei buio della selva oscura, Andrea Salvatori torna, con gli astri della sua installazione, alla dimensione della luce evocata da Dante all’uscita del Purgatorio, quando si ritrovò ’puro e disposto a salire le stelle’. Fra i prossimi appuntamenti il concerto a cura della cappella musicale della basilica di San Francesco di Ravenna, sabato 16 alle 18. La mostra sarà aperta fino al 30 ottobre: martedì 16-18.30; venerdì 16-18. 30; sabato: 10-12.30 e 16-18.30.
Filippo Donati