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L’accusa contro Guerra: "Operava senza adeguata igiene"

Per la veterinaria consulente della procura, interveniva con "bisturi sterilizzati in una pentola"

L’accusa contro Guerra: "Operava senza adeguata igiene"

Nel suo ambulatorio di Sant’Antonio "non c’erano farmaci anestetici" eccetto un "flacone di ketamina già aperto" e come tale non certo "sufficiente a garantire analgesia" agli animali da operare. E poi "non c’erano elettro-bisturi o strumenti per il monitoraggio" delle bestiole. In quanto allo spazio designato a "sala chirurgica, non era dedicato a questo tipo di attività". E Guerra, "che si faceva aiutare dai proprietari degli animali e non da" veterinari come lui, "non indossava mascherina o copricapo quando operava", con il rischio insomma di contaminare i suoi piccoli pazienti. Non andava meglio sul piano della sterilizzazione degli strumenti: "Non c’era autoclave: c’erano invece set chirurgici in una scatola di metallo che veniva messa a bollire su un fornelletto: per fortuna è qualche centinaio di anni che non si fa più...".

Un quadro davvero netto quello che la veterinaria Fulvia Rossi, consulente del pm Marilù Gattelli e da 14 anni presidente dell’Ordine di Trieste, ha restituito ieri mattina in aula in merito all’ambulatorio di Mauro Guerra, il veterinario 50enne a processo per maltrattamento e uccisione di animali, reati tributari, detenzione illegale di farmaci, smaltimento illecito di rifiuti speciali, falsificazione di libretti sanitari e frode in commercio.

"Magari saranno puliti - ha precisato sul sistema di Guerra per sterilizzare i suo ferri - ma non sterili: quando apro il coperchio, il carico batterico o virale torna". Il tema centrale della testimonianza della veterinaria, che aveva partecipato alla perquisizione del 10 dicembre 2020 dalla quale il fascicolo si era ingrossato in maniera esponenziale, ha riguardato le eutanasie: "E’ possibile sopprimere un animale da compagnia - ha precisato l’esperta - quando non c’è nessun’altra possibilità di evitargli sofferenze". Ad esempio "non posso farlo se il proprietario si è semplicemente stufato di un animale perché anziano: la vecchiaia non è assolutamente una patologia". Del resto la soppressione "non è più prevista nemmeno se l’animale è pericoloso". Per procedere, "la diagnosi è fondamentale: ci si deve basare su esami strumentali". E in tal senso "un animale è incurabile quando, dopo adeguata diagnosi e tentativi con diversi farmaci, rimane in uno stato di sofferenza tale che sarebbe più crudele mantenerlo in vita".

A questo punto il riferimento è andato a Balto, il vecchio labrador dalla cui eutanasia si era innescata l’inchiesta: su di lui "non c’era documentazione diagnostica a supporto". E poi "cosa strana che non sia stato il proprietario a portare l’animale dal veterinario per quella che era l’ultima fase della loro vita assieme". In generale "un animale visitato in maniera sommaria e breve, non può essere sottoposto a eutanasia".

La veterinaria si è pure soffermata sull’uso del farmaco che viene usato per indurre la morte: "Il Tanax funziona benissimo anche su animali vigili: il problema è come muoiono. Dev’esserci una perdita di coscienza", ovvero il congruo uso di anestetici: altrimenti "l’animale vivrà l’esperienza della morte, sentirà bruciore e soffocherà con la sensazione tipica dell’affogamento". In quanto alla somministrazione intrapolmonare che come tale prevede quantità maggiori di farmaco, è fattibile, "ma solo se non è possibile la via endovenosa. Oltretutto ci vogliono diversi minuti in più" e un’anestesia "ancora più profonda". A fronte dei numeri rilevati dal registro degli anestetici, "sono decisamente tante le bottiglie di Tanax" ricondotte a Guerra: 19.

In ogni modo, "per ogni animale che dev’essere soppresso, serve la documentazione": ma "in perquisizione non è stata trovata nessuna cartella clinica" e nemmeno "nessun consenso informato".

Andrea Colombari