La strage del treno Italicus sulla linea Firenze-Bologna il 4 agosto 1974 con i suoi 12 morti e 44 feriti come apice dell’attacco del terrorismo di destra a metà degli anni Settanta e lo stillicidio di attentati minori che la precedettero e la seguirono. E’ su questo che si è concentrato il lungo e accurato lavoro di ricerca di Alessio Ceccherini, docente fiorentino di storia e filosofia, attingendo da atti processuali e parlamentari, carte degli apparati di sicurezza declassificate e versate agli Archivi di Stato, articoli di stampa fondamentali anche per misurare la reazione della società civile alla minaccia eversiva. "La ragnatela nera. L’eversione di destra e la strage dell’Italicus", uscito per l’editore bolognese Clueb nei mesi scorsi in occasione del 50esimo anniversario della strage dell’Italicus, apre nuove luci su un fatto contraddistinto, nonostante una ventennale storia processuale, dalla mancata individuazione dei responsabili.
Riemerge, nel dovizioso lavoro di Ceccherini, anche lo stillicidio dimenticato di attentati minori che incide sul quadro politico e sociale del Paese dal 1973 fino alla metà del 1975. Alla fine del 1973 lo scioglimento per decreto di Ordine Nuovo e la messa sotto inchiesta di Avanguardia Nazionale, principali organizzazioni della destra extraparlamentare, portarono in clandestinità diverse cellule neofasciste il cui scopo, attraverso ripetuti attentati, era quello di innescare la reazione delle sinistre, arrivare allo stato di emergenza e favorire uno strappo costituzionale, in senso autoritario. In questo quadro, in Toscana, dopo due attentati preparatori ai tralicci effettuati alle Croci di Calenzano e a Barberino di Mugello, il 21 aprile 1974 venne sfiorata la strage ferroviaria.
Un ordigno a orologeria venne posizionato sui binari della linea Firenze-Bologna, tra le stazioni di Vernio e Vaiano. Dopo che la bomba esplose, alle 8,25 di una domenica mattina, il treno Palatino Parigi-Roma venne salvato dal sistema di blocco automatico, da poco attivo sulla linea. Il macchinista Olindo Raggi dal finestrino vide la luce del posto di blocco diventare rossa per segnalare l’interruzione della linea e grazie al sistema di frenatura rapida riuscì a fermare il treno. L’esplosione dell’ordigno spezzò la rotaia e la fece sollevare verso l’alto, rialzando i binari per un tratto di circa 80 metri.
Al posto delle traverse di legno rimase una buca profonda 80 centimetri, con un diametro di oltre due metri.
In quel tratto di ferrovia i binari corrono lungo il fiume Bisenzio, stretti da una parete montuosa: 15 metri dopo l’esplosione inizia un viadotto lungo 50 metri e alto una trentina. Una scarpata in cui sarebbero finite l’automotrice e le carrozze se il treno fosse deragliato. L’attentato fu rivendicato con un volantino a firma Brigate Popolari Ordine Nuovo, lasciato in una cabina telefonica del centro di Lucca.
Un paio di mesi dopo, il 26 giugno 1974, non distante, a Canneto di Vaiano, a ridosso del solito tratto ferroviario, i carabinieri di Prato sorpresero due giovani su una Cinquecento targata Roma carica di armi e documenti rubati, con un ordigno già innescato. Il 4 agosto 1974, sulla stessa linea, avvenne la strage dell’Italicus, con una bomba piazzata nella quinta carrozza del treno. Il tipo di ordigno, rilevarono i periti, aveva forti similitudini con quello utilizzato il 26 aprile precedente a Vaiano.
La scia di attentati in Toscana proseguì, in provincia di Arezzo, a Lucca, Pistoia, con un altro tentativo di strage sulla linea Firenze Roma tra Rignano e Incisa Valdarno.