La scuola di musica di nuovo sommersa: "In salvo gli strumenti"

L'Artistation, scuola di musica di Faenza, devastata per la terza volta dall'alluvione. Strumenti salvati, ma le aule sono irriconoscibili. Faentini nel dolore e nell'impotenza.

La scuola di musica di nuovo sommersa: "In salvo gli strumenti"

L'Artistation, scuola di musica di Faenza, devastata per la terza volta dall'alluvione. Strumenti salvati, ma le aule sono irriconoscibili. Faentini nel dolore e nell'impotenza.

La scuola di musica Artistation è per la terza volta l’epicentro dell’alluvione che ha colpito Faenza: le acque del Marzeno, seguendo lo stesso copione, hanno attraversato i campi di San Martino, risalito via Cimatti e imboccato via Silvio Pellico, di nuovo teatro di scene dal sapore bellico. Artistation da quel 2 maggio 2023 si era già risollevata due volte: dopo la prima alluvione e dopo la seconda, grazie al lavoro dei volontari, a un torrente di donazioni, ma anche in virtù dell’affetto degli iscritti per una scuola di musica nata anche con il principio di avere tasse d’iscrizione accessibili, volutamente aperta a tutti, in linea con la natura popolare del quartiere in cui ha sede. Oggi quel sogno è di nuovo infranto, come la porta della scuola di musica divelta, la scrivania della reception infiltrata dal fango fin negli interstizi del legno, le pareti in cartongesso sfondate dalla forza del fiume, gli infissi affondati nelle acque limacciose. Sul posto si sono precipitati dalla Toscana i soccorritori dell’associazione Prociv Arci Marliana, capitanati da Ivano Lucchesi. Lui e i tre volontari hanno viaggiato in piena notte: "Eravamo qui anche l’anno scorso – spiega Ivano Lucchesi –. Lo scenario purtroppo è lo stesso".

Nelle sale l’unica traccia delle lezioni che fino a poche ore fa si tenevano qui sono le sedie degli studenti ancora allineate verso una cattedra che non esiste più. L’ambiente più vasto, una piccola sala concerti, è ormai un hangar irriconoscibile anche per chi frequentava queste sale ogni giorno. Il direttore didattico Mattia Lucatini si concede appena qualche commento: "Siamo riusciti a mettere in salvo quasi tutti gli strumenti musicali, le uniche cose che sono scampate", rivela. Poi si chiude in un silenzio sepolcrale, così come gli altri docenti e collaboratori presenti. Alcuni di loro appaiono in lacrime: sui loro volti rigati è facile leggere tutti i motivi per cui l’alluvione del 2024 è diversa da quelle dell’anno scorso, per il senso di impotenza che porta con sé, per l’impressione di una tragedia che assume ormai cadenza non più secolare ma annuale, per quei sei mesi infiniti di autunno e inverno che attendono i faentini non ancora riemersi dal fango.

Filippo Donati