di Roberta Bezzi
Ora che i ragazzi delle scuole sono tornati in presenza, è più facile valutare quali sono state le conseguenze della didattica a distanza a seguito della pandemia da Covid-19. Di questo e molto altro si parlerà oggi dalle 16 alla sala Baldini della Provincia, nel convegno aperto ai cittadini, ‘La didattica ai tempi del Covid. Dalla classe alla Dad. Quale impatto, criticità e punti di forza: i vissuti da parte dei ragazzi, degli insegnanti e dei genitori’. Un appuntamento organizzato, come ogni anno, dall’Ordine degli psicologi dell’Emilia Romagna, nell’ambito della ‘Giornata nazionale di psicologia’. Tra i relatori, c’è Andrea Bilotto, psicologo e psicoterapeuta del Gruppo di Lavoro di Psicologia Scolastica Oper. Bilotto, chi ha risentito maggiormente della Dad?
"Senza dubbio gli studenti come ho potuto constatare personalmente visto che lavoro a stretto contatto con diverse realtà scolastiche ravennati. La verità è che solo adesso vediamo con chiarezza gli effetti di un anno e mezzo di Dad. Dopo così tanto tempo a casa davanti a uno schermo, purtroppo ora hanno maggiori difficoltà a relazionarsi. In più, non hanno più regole o limiti. Non mi era mai capitato poi di vederli rispondere male e di non avere più rispetto verso le persone adulte".
È corretto dire che i più colpiti siano gli adolescenti che frequentano le superiori?
"Sì. I genitori ormai sono sottomessi a figli sempre più ingestibili che, durante la Dad, ‘parcheggiavano’ davanti allo schermo. Molti di questi ragazzi non desiderano più uscire, girare per locali o andare a fare sport, ma restare a casa fare giochi o guardare film al pc, quasi fossero degli hikikomori".
Un paradosso, considerando che l’adolescenza è l’età per eccellenza in cui si sperimenta una intensa vita sociale… "Infatti, ma a molti di loro non interessa più, si nutrono di relazioni spesso fugaci che nascono e si spengono online. La verità è che sono un po’ arrabbiati con il ‘sistema’ e faticano a immaginarsi un futuro. A chi chiede loro cosa sognano per il futuro, non sanno cosa rispondere. Forse anche perché hanno assistito ai tanti problemi lavorativi ed economici dei genitori…".
Lo ‘scossone’ è stato avvertito anche all’interno delle famiglie più stabili ed equilibrate? "Sì, perché la pandemia ha spezzato la routine e molte delle attività sportive, sociali o ludiche che erano dei punti di riferimento. Non è stato facile. Molti ragazzi che prima facevano sport, hanno smesso per mancanza di motivazione. Il problema vero è che il tempo dei giovani non è quello degli adulti. Paradossalmente è l’adulto ad avere più speranze e capacità di risorgere, perché più ‘strutturato’".
Sono aumentare le richieste di aiuto da parte dello psicologo nelle scuole e negli studi?
"Sì, sono raddoppiate, forse triplicate. Mai come in questo momento si è capita l’importanza del nostro lavoro per il benessere mentale. Tutti possono avere bisogno di una mano".
Gli insegnanti come hanno affrontato la Dad?
"Secondo alcuni studi, quelli della nostra regione, sono stati tra i più bravi. Si sono impegnati molto malgrado i limiti imposti dalla distanza. Hanno però fatto fatica a gestire una problematica, quella dei ragazzi impossibilitati a seguire le lezioni da pc per difficoltà economiche o tecnologiche, basti pensare a chi vive nelle campagne dove il wi-fi non funziona bene. A noi psicologi, alcuni ragazzi hanno confidato di essersi sentiti svantaggiati, con la vergogna di parlare di questa situazione".
La scuola del futuro?
"Rigorosamente in presenza, la didattica ‘fredda’ non funziona, c’è bisogno di relazioni".