REDAZIONE RAVENNA

La querela del generale Vannacci. Colpo di scena: Bersani assolto. Per il giudice "il fatto non sussiste"

Il pm aveva chiesto decreto penale per diffamazione da 450 euro di multa per avergli dato del ’coglione’ .

La querela del generale Vannacci. Colpo di scena: Bersani assolto. Per il giudice "il fatto non sussiste"

Il pm aveva chiesto decreto penale per diffamazione da 450 euro di multa per avergli dato del ’coglione’ .

È partita come richiesta di condanna e si è conclusa con un’assoluzione. Perché alle volte la differenza tra metafora e allegoria può essere notevole. E non solo a scuola: per l’onorevole Pier Luigi Bersani, in passato segretario del Pd, ha significato l’assoluzione appunto dall’accusa di avere diffamato dal palco della Festa dell’Unità di Ravenna il generale Roberto Vannacci. Un risultato per certi versi inaspettato visto che per una sua frase sul generale pronunciata il primo settembre 2023 davanti a centinaia di persone ma soprattutto trasmessa in diretta streaming sul canale Youtube del partito, la procura aveva chiesto un decreto penale di condanna a 450 euro di multa. Il reato: diffamazione aggravata dal mezzo, il web appunto. E invece no: il gip Corrado Schiaretti, a margine di una lunga disamina giuridico-grammaticale, ha assolto Bersani "perché il fatto non sussiste".

La frase incriminata, era stata pronunciata in riferimento al bestseller di Vannacci ’Il mondo al contrario’. L’ex segretario Pd, riferendosi a un ipotetico ’bar Italia’, dal palco della sala dibattiti ’Salvador Allende’ davanti alla giornalista Francesca Schianchi che lo intervistava, si era domandato: "Ma se in quel bar lì è possibile dare dell’anormale a un omosessuale, è possibile dare del coglione a un generale?".

Il generale, in quel momento non ancora eletto all’Europarlamento nelle fila della Lega, non l’aveva presa bene: "Se mi avesse chiamato - aveva poi spiegato -, non sarebbero servite nemmeno le sue scuse: sarebbe bastata anche una parola. Poteva dirmi che aveva bisogno di farsi sentire dal suo popolo di Ravenna e che aveva esagerato".

Il 20 novembre Vannacci aveva depositato la querela. E il 27 febbraio, sulla base del materiale audio-video raccolto dalla Digos, ecco la richiesta di decreto penale della procura. Tutto scavalcato dalla sentenza depositata nei giorni scorsi dal gip. Con una breve premessa: la vicenda non coinvolge "persone qualificabili come semplici ’privati cittadini’ - vi si legge - ma soggetti ’pubblici’ molto noti" e "come tali particolarmente esposti alle critiche, anche aspre". Nel nostro caso i contendenti sono Bersani: "Laureato in filosofia, ha rivestito numerose cariche istituzionali e di partito". E il generale di divisione Vannacci: "Vanta tre lauree di livello magistrale e due master universitari" oltre a comandi in "reparti prestigiosi e in molti teatri di conflitto". Secondo il giudice, nella sostanza Vannacci aveva lamentato "due tratti diffamatori: l’averlo indicato come persona che ha minimizzato la Shoà" e "l’averlo definito ’un coglione’". Ma non le parole "di chiaro stampo razzista, quelle discriminatorie delle idee femministe o quelle denigratorie sull’orientamento" sessuale, "lasciando bene intendere che, a eccezione del genocidio degli ebrei, le altre asserzioni sono state dette o condivise".

In ogni modo, nessun dubbio sulla richiesta di condanna della procura per Bersani: non può "essere accolta per insussistenza giuridica, e prima ancora linguistica, del fatto". A questo punto tocca allora tornare con la grammatica in mano per capire: perché è "evidente che le parole di Bersani non possano essere qualificate come metaforiche" ma che Vannacci "abbia confuso la figura retorica della metafora con quella dell’allegoria". L’ex segretario Pd, del quale è "nota l’ironia di cui ha fatto sfoggio in decenni di carriera politica", per il gip aveva cioè espresso una "vibrata critica verso un determinato modo di pensare della destra istituzionale". E, "facendo uso di linguaggio allegorico volutamente ironico", aveva inteso dire "che, come è sbagliato dare dell’anormale a un omosessuale, è altrettanto sbagliato dare del coglione a un generale".

Ironia della sorte, il gip è il medesimo che archiviò la posizione di alcuni agenti della scorta del leader della Lega Matteo Salvini accusati di peculato e violenza privata sulla spiaggia del Papeetein relazione a un passaggio su una moto d’acqua della polizia dato nel 2019 al figlio dell’allora ministro dell’Interno.

Andrea Colombari