
"Sa perché si chiamava mulino Batticuccolo? Perché, mi raccontavano quando ero una bambina, lì c’erano tanti noci, in dialetto ‘al...
"Sa perché si chiamava mulino Batticuccolo? Perché, mi raccontavano quando ero una bambina, lì c’erano tanti noci, in dialetto ‘al cocal’, e ovviamente venivano battute per raccoglierle! Di qui il nome al mulino, che era di mio nonno e poi di mio padre, e il nome alla strada, via Batticuccolo, non via Renaccio come invece l’hanno chiamata adesso. Ricordo perfettamente il canale e gli archi nella parete del mulino sotto cui passava l’acqua. Poi con la costruzione della circonvallazione, negli anni ’60, hanno tombinato tutto e anche gli archi sono stati chiusi e interrati. Mi piacerebbe veramente tanto se con i lavori programmati di cui ho letto sul Carlino fosse ripristinata non solo la memoria di quello storico edificio, ma anche, ove possibile, la fattezza".
A parlare è Luciana Casadio, il cui babbo, Paolo, nato nel ‘15, e prima ancora il nonno Ercole, avevano gestito, fino al periodo bellico, quel mulino azionato dall’acqua della ‘Canaletta’, il ramo di via Firenze del ‘Canale grande’. "La Canaletta finiva nel fiume quasi sotto al ponte Rosso. Fra il Mulino e il ponte c’era una vasta area verde e alberata, delimitata da una parte da via Batticuccolo e dall’altra dal fiume: era zeppa di uccelli, anche notturni, di lucciole. Poi c’era anche un grande orto".
Luciana Casadio è nata alla fine della guerra: i suoi ricordi di bambina iniziano quindi dal ‘49-‘50. "Il Mulino non era più operativo, ricordo la camera dei motori, al piano terra, ma non mi sembra ci fosse più la ruota. C’erano invece una macina e le casse per accogliere il grano. Prima della guerra, adiacente al mulino c’era anche una ciminiera molto alta che, mi dicevano, era stata fatta saltare all’arrivo del fronte della Seconda guerra mondiale". Da una ventina d’anni, proprio nel punto in cui sorgeva la ciminiera, è stata autorizzata la costruzione di una torre cilindrica per le antenne telefoniche. "L’edificio che ospitava il mulino è quello che attualmente è adiacente alla storica via Batticuccolo; io, il babbo e la mamma abitavamo ai piani superiori. Poi c’erano la nonna Colomba e lo zio Francesco, l’azdor, e vari cugini. C’erano le stalle e attorno altri due edifici in cui abitavano i parenti, e come attività c’era un cementista".
Con la costruzione della circonvallazione cambiò tutto: "le case furono espropriate, ma i miei sono rimasti lì ancora per anni, io invece me ne sono andata nel ‘72, quando mi sono sposata. Il babbo, morto nei primi anni ’80, gestiva anche il mulino del Portello e quello di Marzeno, entrambi elettrici. Quello del Portello è stato chiuso nel 1965 e poi abbattuto. Quello di Marzeno c’è ancora".
La signora Luciana comunque, anche dopo il matrimonio, negli anni 70 era spesso a casa dei genitori. "Nel 1974 fu inaugurato il camping proprio nell’area in cui c’erano i grandi alberi di cui le dicevo. Furono costruiti anche i servizi e mio padre fu per diversi anni il custode dell’area. Poi tutto finì in malora... Negli altri edifici attorno al mulino erano arrivati il rione Giallo e le scuderie del rione Rosso". E successivamente anche la Protezione Civile. Da allora sono stati messi in atto molti interventi e sventramenti interni, senza tener conto (certe sensibilità non c’erano) del valore storico del mulino. Per questo ora, con l’imminente avvio dei lavori di ristrutturazione dei caseggiati, sarebbe veramente il caso di recuperare, per quanto possibile, quella memoria. E restituire così il suo nome originario, Batticuccolo, alla strada!