
Il racconto, epico e drammatico, di quei giorni. Fu Cervia la prima ad essere tolta dalle mani dei nazi-fascisti. Le truppe di liberazione risalirono poi il Savio, fino a raggiungere Ravenna .
"È stato un privilegio essere stato aggregato ai partigiani di Ravenna, che sono uomini coraggiosi e determinati. Hanno combattuto duramente e bene; la loro collaborazione ha aumentato il numero di vittime nemiche e deviato l’attenzione del nemico", attirato a nord per lasciare così via libera alle truppe del primo Canadian Corps e a formazioni di partigiani di entrare senza rischi a Ravenna il 4 dicembre 1944: è la conclusione del rapporto che il maggiore D. M. Healy spedì al proprio quartier generale il 20 dicembre. Ma se gli ottant’anni dalla liberazione di Ravenna si compiono il 4, la celebrazione dell’anniversario deve tenere conto di un lasso di tempo ben più ampio, prima e dopo a cominciare dal 12 novembre e a finire all’8 dicembre.
Vediamo allora, con l’aiuto del ricercatore e storico Guido Ceroni, queste tappe a partire dalla liberazione di Cervia, il 22 ottobre, ad opera dell’Ottava Armata britannica che due giorni dopo fu in grado di schierarsi ancora più a nord, lungo il corso del Savio dalla via Emilia al mare. Occorsero poi 19 giorni per raggiungere e attestarsi sul Fosso Ghiaia dopo aver liberato la frazione: era il 12 novembre. Una settimana prima i caccia-bombardieri avevano raso al suolo la chiesa di Porto Fuori. Il comando e la gestione delle operazioni a terra, comprese quelle affidate ai partigiani del distaccamento ‘Settimio Garavini’ (che era da poco confluito nella 28a Brigata Garibaldi comandata da Bulow), a cominciare da fine ottobre erano affidati alla ‘Porter Force’ composta dal 12° Lancieri britannici, dal 12° Lancieri canadesi, da reparti di artiglieria e dagli uomini del Popski Private Army al cui comando era il tenente colonnello dell’esercito inglese Wladimir Peniakoff, appunto Popski.
Il 15 novembre la Porter Force raggiunse l’aeroporto La Spreta, mentre a sud-ovest occupò, con formazioni partigiane, San Pietro in Trento e Pilastro. All’indomani vennero liberate Coccolia e Ghibullo. Mentre il 19 novembre Alleati e partigiani del ‘Garavini’ occuparono Classe senza danni per la basilica: cinque tedeschi vennero fatti prigionieri. Stando alla motivazione del conferimento della cittadinanza onoraria di Ravenna a Popski, decisa nel maggio del 1952 (un anno dopo la sua morte) fu proprio lui a indurre il Comando alleato a desistere dal bombardamento della basilica il cui campanile era un ottimo punto di osservazione e tiro per i tedeschi. Il lasso di tempo fra il 19 e la fine di novembre trascorse con le truppe alleate e i partigiani impegnati nel consolidamento delle posizioni acquisite: è il tempo della missione di Bulow a Viserba (in barca a remi) dove il Comando alleato era acquartierato (19-21 novembre) e della ‘contro-missione’ di Haley il 23 che da Cervia, anche lui in barca a remi, raggiunse Porto Corsini dopo sette ore di mare; in questo stesso lasso di tempo nella pialassa Baiona, all’isola degli Spinaroni, si stava organizzando il distaccamento partigiano ‘Lori’ assistito da ‘Radio Bionda’. Fra Classe e Ravenna, con l’esercito tedesco attestato sui Fiumi Uniti che ancora resisteva, il 27 novembre, a soli otto giorni dalla liberazione del territorio, Madonna dell’Albero fu teatro di una vergognosa strage di civili: 56 persone fra anziani, donne e bambini rastrellati lungo via Nuova furono uccisi per rappresaglia dai militari della 114a Jäger Division comandati dal colonnello Lothar Berger. Dopo la strage la divisione nazista decise di ritirarsi verso nord, verso il Lamone tanto che il 30 novembre una perlustrazione lungo i Fiumi Uniti evidenziò l’assenza di tedeschi e nel pomeriggio Alleati e partigiani raggiunsero il luogo dell’eccidio.
Con i tedeschi in ritirata, per gli alleati e i partigiani fu agevole convergere su Ravenna anche da ovest: il 2 dicembre fu occupata la frazione di San Pancrazio, il 3 Russi e Godo e il 4 pattuglie partigiane del distaccamento ‘Garavini’ con gli uomini della Porter Force attraversarono i Fiumi Uniti e lungo l’Adriatica giunsero a Ravenna dove erano appena arrivati altri partigiani assieme ai Canadesi scendendo da Ghibullo lungo la Ravegnana e dove già c’era uno sparuto gruppo di partigiani (dodici) e uomini del Ppa che avevano raggiunto la città da est, da Porto Fuori. Sempre in quel 4 dicembre, al pomeriggio, raggiunsero Ravenna altri reparti canadesi lungo la via Faentina, scendendo da Godo. Fra l’1 e il 3 dicembre varie formazioni partigiane (colonna Wladimiro, colonna Elic), su disposizione del comando alleato vennero impegnate in scontri con i tedeschi che, a nord di Ravenna, presidiavano Casal Borsetti, passo Primaro, ponte Mandriole, l’argine destro del Reno a Sant’Alberto, mentre si consolidavano le posizioni partigiane all’isola degli Spinaroni, peraltro distante meno di un chilometro da Porto Corsini ancora occupata dai tedeschi.
La liberazione di Ravenna non fu che un momento dell’azione di partigiani ed Alleati, per loro non ci fu sosta,perché l’obiettivo era quello di incalzare i tedeschi che si erano attestati a nord verso il Reno. Iniziò così, nella notte fra il 4 e il 5 dicembre di 80 anni fa, la ‘battaglia delle valli’. Il 6 fu liberata Porto Corsini, (lo stesso giorno negli scontri a fuoco rimase ferito Arrigo Boldrini, il comandante Bulow), mentre scendendo da nord i partigiani occuparono Casal Borsetti, ma solo per poche ore; il 7 il contrattacco tedesco fu violento mentre gli Alleati (che peraltro non intendevano proseguire oltre Ravenna), per via del maltempo non poterono utilizzare gli aerei per i bombardamenti. Così l’8 dicembre i partigiani furono costretti a ripiegare dietro le linee alleate e si attestarono sul Lamone e il Fossatone. Fino alla primavera successiva.