La signora Bice contro tutti. Contro le figlie, con le quali "non parlo più da 12 anni". Contro gli assistenti sociali di Faenza e, soprattutto, contro l’amministratrice di sostegno che accusa di essere la causa della sua ’prigionia’: rinchiusa da novembre in una casa di riposo contro la propria volontà. Il caso dell’81enne Bice ha fatto il giro delle televisioni italiane. Stanca di "minestrine e mele cotte", a inizio aprile era fuggita dalla struttura faentina Il Fontanone ed aveva raggiunto in treno Bellaria Igea Marina, dove bambina trascorreva le vacanze, per dimostrare di voler restare libera ed essere autosufficiente.
Ieri, tutelata dall’avvocato Giuliano Lelli Mami, è comparsa davanti al giudice tutelare di Ravenna, Cinzia Golfieri, per chiedere con una procedura d’urgenza la sostituzione dell’amministratrice di sostegno, con la quale è ormai irreparabilmente ai ferri corti, o in subordine "un progetto di co-housing", spiega il suo legale, vale a dire "la possibilità di condividere un piccolo appartamento con un’altra signora, coetanea o meno anziana di lei, in grado di darsi sostegno reciproco". Di quello economico, la signora Bice avrebbe certamente bisogno, dato che "la sua pensione è di soli 750 euro". Il giudice, spiega il legale, "ci ha accordato queste due alternative, in vista dell’udienza del 29 maggio prossimo, a mezzogiorno, quando daremo una risposta". Di certo quello di ieri è stato "un primo passo verso la libertà". In struttura, infatti, l’anziana ci sarebbe finita su iniziativa dell’amministratrice di sostegno, dopo che a seguito di una caduta le figlie avevano attivato gli assistenti sociali. Nel mezzo vi era stata la parentesi di un altro amministratore di sostegno, che però aveva declinato. "Con quella fuga – spiega l’avvocato Lelli Mami – la signora Bice ha dimostrato coraggio, intraprendenza e una dose di furbizia. Prendendo un treno, prima per Rimini, poi per Bellaria, ha fatto capire di essere pienamente capace di intendere e volere e di sapersi autogestire".