ANDREA COLOMBARI
Cronaca

Ispettore assenteista risarcisce danno d’immagine per 13 ore e 28 minuti non dovuti

Ravenna, era stato accusato insieme ad altri d a riprese captate da telecamera dell’Arma nascosta. Davanti alla Corte dei Conti ha chiesto un rito abbreviato e ha pagato 2.000 euro

Nella foto del 2015 di Corelli, i carabinieri lasciano con dei documenti la sede dell’Ispettorato del lavoro

Nella foto del 2015 di Corelli, i carabinieri lasciano con dei documenti la sede dell’Ispettorato del lavoro

Ravenna, 28 dicembre 2024 – L’ipotesi di “doloso arricchimento” per quei contestati episodi di assenteismo, non sussiste tanto che lui stesso aveva già pagato per intero il danno patrimoniale: ovvero 220,40 euro di stipendio non dovuto. Ma rimaneva pur sempre un possibile danno d’immagine per il quale il diretto interessato - il 65enne ispettore del lavoro Giuseppe Tedesco originario del Leccese e al tempo dei fatti contestati in servizio alla direzione territoriale del lavoro (dtl) di Ravenna - ha chiesto e ottenuto alla Corte dei Conti di potere accedere al rito abbreviato: e così dopo l’attestazione di pagamento di 2.000 euro, con apposita sentenza depositata nei giorni scorsi, i giudici contabili della sezione regionale hanno dichiarato l’estinzione del giudizio erariale nei suoi confronti condonandolo a pagare 96 euro di spese.

La vicenda affonda in una clamorosa inchiesta dei carabinieri del nucleo Investigativo coordinati dal pm Angela Scorza su episodi di assenteismo che avevano riguardato diversi dipendenti della dtl. Per uno dei conseguenti fascicoli, il 16 febbraio del 2023 il giudice monocratico Cristiano Coiro aveva condannato tre persone tra cui anche Tedesco appunto: per lui, dieci mesi e 500 euro di multa. La sentenza era stata impugnata: e si è in attesa dell’appello. In ogni caso, la contestazione principale è di truffa aggravata ai danni dello Stato: in buona sostanza per un uso ritenuto improprio del cartellino in un periodo compreso tra metà ottobre e fine novembre 2015. Per Tedesco, esattamente 13 ore e 28 minuti. In tesi d’accusa, allontanamenti ingiustificati registrati da una telecamera nascosta sulla macchinetta marcatempo in occasione dell’indagine.

Per la procura erariale, le condotte sono “pienamente provate ai fini dell’addebito di responsabilità amministrativa”. E poco importa che le videoriprese dell’Arma “non documentassero ulteriormente, dopo l’uscita di Tedesco, anche il suo allontanamento dagli spazi esterni” della dtl. Uguale a richiesta di 6.000 euro - poi ridotti per effetto dell’abbreviato - per danno “all’immagine derivante dall’assenteismo fraudolento”. Alla cifra avevano contribuito vari fattori: “L’elevato grado di rappresentatività dell’amministrazione danneggiata - prosegue la sentenza -, i compiti di particolare rilievo” del 65enne e “la sua notorietà nel contesto sociale di riferimento”. Da ultimo anche quello che i giuristi chiamano clamor fori: ovvero la pubblicità negativa “ampiamente documentata dagli articoli di stampa e dai servizi televisivi”.

Da parte sua l’ispettore del lavoro, tutelato dagli avvocati Marta Rolli e Federica Gardini, oltre alla definizione con rito alternativo della questione, aveva chiesto in subordine l’improcedibilità della domanda della procura erariale anche “in ragione dell’avvenuto appello della sentenza penale”.

La corte bolognese - presieduta dal giudice Massimo Perin - ha ora dato atto che che il pagamento “risulta effettuato tempestivamente e regolarmente”. Il “complessivo contegno” dell’ispettore e il pagamento integrale del danno patrimoniale (i 220,40 euro), hanno spinto i giudici a stabilire che “non ricorresse un’ipotesi di doloso arricchimento del danneggiante”. In quanto alla somma, è stata ritenuta congrua “sia in ragione della gravità della condotta di Tedesco, sia dell’entità del danno dedotto e provato” dalla procura erariale. Da ultimo, il fatto che sia il pm che la difesa abbiano chiesto entrambi “la definizione del giudizio secondo il rito abbreviato”, chiude la vicenda in una modalità definita “atipica” di conclusione della lite. La sentenza non è impugnabile.