"Sono stati i sindacati a dire no all’autogestione: ecco perché l’Ausl Romagna si è ritrovata a dover valutare la sperimentazione della pronta disponibilità". Tiziano Carradori, direttore dell’Ausl Romagna, a pochi giorni dalla manifestazione degli infermieri in programma lunedì, contrattacca rispetto alle accuse mosse alla dirigenza dalle realtà sindacali.
Direttore, cosa non va nel nuovo progetto di reperibilità per gli infermieri?
"Sono il primo a dire che la modalità organizzativa migliore è quella dell’autogestione, che lascia agli infermieri dei reparti più libertà di gestire i turni. Furono però le sigle sindacali a opporsi: a quel punto l’Ausl si è ritrovata con le spalle al muro. Ecco perché presenteremo un piano per far partire a novembre la sperimentazione: oggi gli infermieri vengono chiamati in ospedale fuori turno, senza una remunerazione supplementare adeguata. Non si può andare avanti su quella strada".
Gli infermieri accusano l’Ausl di rincorrere soluzioni-tampone che non vanno al cuore del problema, e cioè la carenza di personale. È così?
"La proposta che presenteremo non ha nulla a che vedere con la carenza di personale. La quale esiste, nessuno lo nega. Ma è un problema che non va fatto notare a me, quanto piuttosto al Ministero che non finanzia adeguatamente il Servizio sanitario nazionale. Rispetto a quando arrivai all’Ausl Romagna oggi l’azienda ha in organico 1.200 infermieri e operatori sociosanitari in più rispetto a prima".
Le dimissioni degli infermieri però sono una realtà: l’emorragia non stenta a fermarsi.
"Confermo: l’Emilia Romagna conta circa 500 uscite all’anno sul totale dei suoi 10mila infermieri. Molti dipendenti, originari del sud Italia, hanno trovato la possibilità di fare ritorno nelle loro regioni d’origine e l’hanno colta. Però voglio anche evidenziare che l’Emilia Romagna conta attualmente un po’ meno di tre infermieri per ogni medico. Un abisso rispetto alla media europea di sei o sette, ma comunque sopra a quasi tutte le altre realtà italiane".
Condizioni di lavoro che però spiegano la fuga degli infermieri verso l’estero, ammetterà.
"Vero: dal 2018 hanno lasciato l’Italia 25mila infermieri. Ma qui torniamo al non adeguato finanziamento del Servizio sanitario nazionale".
Non ci sarà dunque un passo indietro sulla pronta disponibilità?
"Se gli infermieri sono pronti ad accettare l’autogestione io sono il primo a dire che è la modalità largamente preferibile".
Filippo Donati